Ieri leggevo due post sul sito di Lara Manni (qui e qui), sulla necessità (evidente) di sdoganare il fantastico italiano, sghettizzarlo e trovare un modo per dargli la dignità che merita. L’idea proposta da Lara è quella di costruire un multiblog alla Carmilla dove parlare di fantastico a 360° e con cognizione di causa. Una bella idea, perché troppe volte ci siamo detti che il fantastico merita di essere valorizzato e conosciuto (sottolineo conosciuto, visto che il 90% delle critiche si basa su pregiudizi e sproloqui). Troppe volte abbiamo assistito a mistificazioni e liquidazioni semplicistiche. Vogliamo il nostro spazio. Non vogliamo più la serie B perché abbiamo vinto troppe volte il campionato. Se nessun allenatore è pronto a portarci in serie A, ce la prendiamo da soli.
Donc, l’idea di base è quindi interessante, ma non si può prescindere dall’esistenza di molti problemi alla base.
In primis: ogni lettore e scrittore è diverso dagli altri, per gusti, approccio, mentalità, formazione e idee ma ha comunque il diritto di esprimere la propria opinione in merito al fantastico.
Secondo: non mi piacciono i luoghi autoreferenziati, troppo virtuali e poco pratici. Occorre muoversi fisicamente. Parlare. Presentarsi in carne e ossa, perché i lettori e scrittori di fantastico non sono sociopatici avulsi dalla società che cercano il reale nell’immaginazione. Sono solo artisti che esprimono la loro arte e la loro necessità con il mezzo a loro più congeniale. Ergo, se di guerra si tratta come afferma GL D’Andrea, occorre combatterla sul campo nemico. Se si deve parlare, non all’audience a cui siamo abituati e che muove la testa su e giù per farci piacere. Occorre discutere con chi la muove da sinistra a destra.
Terzo: questo luogo (virtuale e reale) deve essere popolare. Ok, dobbiamo dare dignità al fantastico, convincere che non siamo un branco di orchi tolkeniani che non sanno accordare soggetto, verbo e complemento oggetto. Ma non dobbiamo rischiare che questo luoghi sublimi in un Olimpo irraggiungibile dalle masse. Spesso e volentieri (anche qui su questo blog) le persone leggono ma non commentano, per timore di dire cavolate o essere criticate. Diciamole ste cazzate, il mondo ne è pieno.
Quarto: il popolo fantastico (autori e lettori) non è affatto coeso, ci sono troppe divergenze e situazioni di contrasto. Se non piace una realtà, si può costruire l’alternativa, ma su piani complementari e non competitivi. Questo non fa bene a nessuno, ma è la realtà che io ho visto.
Quinto: ho già avuto esperienze di associazioni, movimenti, gruppi, blog, raduni e chi più ne ha ne metta. Il risultato finale era sempre il solito: sfrutta il vicino per portare acqua al tuo orticello.
Insomma, è una bellissima iniziativa che mi sento di appoggiare, ma non è affatto banale trasformare il Neverwhere in qualcosa di reale.
Come sempre, ci si può provare.
Un lavoro che andrà progettato e organizzato con la massima attenzione, perchè riesca in tutti i suoi lati e le buone intenzioni non rimangano nella mente delle persone, ma si concretizzino in qualcosa di reale.
La guerra non è nella letteratura. La letteratura è un’arma. Le guerre dei topi mi fanno ridere. Là fuori c’è una guerra. Vera. Non esiste immaginazione, esiste la realtà. E senza un’etica forgiata nell’acciaio, la realtà va a puttane. E’ questa la guerra di cui parlo. Il resto sono fanfaluche.
Io ho forti dubbi sul mezzo, ovvero sulla creazione di un sito, blog o similia.
Occorrerebbe discutere in modo molto simile a quello di una videoconferenza, in “diretta”. E inizialmente farlo in pochi, per stabilire una necessaria strategia. In seguito, come dici al punto 2 si va a combattere anche in territorio “nemico”.
Per fare tutto ciò occorre però una merce assai preziosa: il tempo.
E i libri, Val.
molto interessante Fra!
@G.L. – Sarebbe interessante, Luca, se nel tuo blog, facebook o dove vuoi ci parlassi più approfonditamente di questo punto 😉
Molto interessante questo post.Una primissima e fondamentale difficoltà che io vedo sta nella divisione fra chi – all'interno dello stesso ambiente dei patiti/scrittori di Fantastico – lo pensa come un genere "per ragazzi" e chi (come me) lo vede come un genere adatto a tutti e dove racconti adulti potrebbe avere senza dubbio il proprio seguito.A quanto ho avuto modo di vedere, se presenti nello stesso ambiente, questi due gruppi di persone tendono a escludersi a vicenda.
Se vogliamo, Mus, esiste anche la terza categoria dei lettori/scrittori che vedono il fantastico solo come un genere per adulti e rifuggono da qualsiasi letteratura per ragazzi. Io stesso all'uscita di Estasia fui additato come "scrittore per pimpa", cosa che poi ho smentito su strada (non per forzatura, ma per mia necessità di scrivere altre storie).Ritorniamo sempre al solito punto: dividire e classificare il fantastico non porta a nulla di buono. Esistono buoni libri pe adulti, young adults e per ragazzi, non c'è nulla di male.Se poi invece il discorso verte su una questione di vendita, visibilità, collocazione libraia etc… si apre un abisso.
Appunto,dicevo prima: tendono a escludersi a vicenda.Io credo che una buona storia possa parlare a tutti di tutte le età, ammessa di volere/potere scrivere racconti a più strati.Quelli che stanno per i romanzi per ragazzi (e magari unicamente per ragazzi) escludono puntando proprio sulla maggiore salute di un settore editoriale che non conosce crisi.
Gente, ci sono decine e decine di romanzi, novelle, racconti fantastici di qualità. E l'Italia ha una lunga tradizione di scrittura fantastica.E' il fantasy ad essere sempre e comunque considerato letteratura per fanciulli, o al massimo lettura da treno e da ombrellone. Indubbiamente molto, molto fantasy lo è. Non tutto il fantastico è fantasy. E nel fantasy ci sono varie sfumature e culture. E' cosa buona e giusta fare distinzioni tra i sottogeneri del fantastico. Non si può pretendere che il fantastico "per adulti" debba omologarsi alla letteratura "per tutti" e scendere a compromessi, ovvero fingere che al best seller per ragazzini sia da attribuire la stessa valenza culturale di un Buzzati o di un Moresco. In bene e in male.Un libro per ragazzi può essere un esempio di ottima letteratura. Per me persino i fumetti della Pimpa hanno una loro dignità. Ma lo sceneggiatore di fumetti non si senta escluso se la rivista di filologia moderna non parla di lui negli stessi termini in cui parla di Sanguineti. Francesco, tu stai seguendo la tua strada. Alcuni gruppi ti snobbano? Fatti loro. Sei uno scrittore attivo, prolifico e aperto alle sperimentazioni e questo è un bene.Tu hai altre voci che ti supportano, altre tribune, e innanzitutto hai la tua voce, che porta avanti discorsi spesso interessanti. Ma bisogna fare distinzione tra i vari discorsi, prima che tutto diventi un blablabla generalizzato.Viva la differenziazione e le correnti. Sono loro che mantengono viva la letteratura.
@Mus: sì, anche se la struttura di un romanzo 8+ è totalmente diversa da quella di un romanzo per adulti. Non per forza un romanzo per ragazzi deve essere un crossover (Storia Infinita, Piccolo Principe, la collina dei conigli) ma anche un semplice romanzo per ragazzi che non ha intenti educativi o metafore
@Gabriella: giusto, ma esistono anche mainstream, gialli, thriller da ombrelloni. Ed esistono da sempre.Per le varie correnti, assolutamente d'accordo. Pensa che palle se ci fosse un'omologazione tra scrittori fantasy (questione forse più limitata agli esordienti). Per questo ritengo che ogni autore abbia il sacrosanto diritto di seguire la propria strada e tentare anche delle sperimentazioni.Io ci sto provando, ma ho un grande vantaggio (e svantaggio a livello di marketing): non esiste alcuna casa editrice o agente che mi dice (o consiglia fortemente?) quello che devo fare.