Ok, volevo parlarvi della Spagna e di quanto ami quel paese. Poi, ogni volta che ci provo, ecco spuntare un argomento che mi pare decisamente più interessante.
Dopo la diatriba sfiancante di ieri, ecco un interessante articolo pubblicato da Panorama sui famosi ghost writers. Donc, tanto per chiarire, mi riferisco allo scrittore Tizio che pubblica il romanzo con il suo nome benché sia stato scritto dal suo compare (pagato) Caio. Cosa ben differente dal concetto di pseudonimo oppure dai libri (come Stilton) dove dietro ovviamente ci sono degli scrittori in carne e ossa e non topi (e per scoprirli basta leggere il colophon. Gli scrittori, non i topi).
Trovo la cosa veramente ripugnante. Non si tratta più di libri, ma di puro commercio del nome. Ora, attenzione, non fraintendiamoci. Ragionare insieme all’editore o agli editor di un’agenzia sulla trama, su come migliorarla e cosa cambiare è una cosa ovvia e giusta. Serve per confrontarsi e migliorare il romanzo. Ma se leggete l’articolo di Panorama, nel caso di James Patterson la situazione è un po’ differente:
Patterson, per sua ammissione, non scrive molti dei suoi stessi libri. Non la prima bozza, almeno. Quello è compito di una squadra di cinque co-autori che, stipendiati da Patterson, si occupano di modellare l’embrione delle sue storie milionarie.
E, dato che ho letto Maximum Ride, mi verrebbe da consigliargli di cercarsi ghost writer migliori, oppure (mentre se ne sta in vacanza) di scrivere meglio le trame che qualcuno trasformerà in parole. Ecco, che ben venga questo tipo di informazione. Lato mio non comprerò né leggerò mai più un libro “targato” Patterson.
Fabio Deotto, autore del citato articolo, dice una cosa giustissima:
E va bene che, come diceva Hemingway, “la prima bozza di qualsiasi cosa è spazzatura”, ma uno che di lavoro ripulisce la spazzatura altrui, difficilmente può essere chiamato scrittore.
Che tristezza. Questo succede è quando la scrittura da passione si trasforma in un salvadanaio.
Che tristezza, mi trovi d’accordo.
Io ho sempre più l’impressione che il “problema” sia il lettore e non lo scrittore, che in alcuni casi è solo uno scrivente. Il lettore moderno è assai pigro e vuole storie che non affatichino troppo i suoi intorpiditi neuroni, roba semplice, gia in parte vista, sapori conosciuti, cose comprensibili da chi ha una cultura quasi inesistente.
Con simili clienti è ovvio che i venditori si adeguino 🙁
Bah, Valbe, c’è una differenza sostanziale. Se si vuole seguire il mero commercio è una precisa scelta dell’autore, a discapito della qualità magari.
Ma qui il punto è un altro. Non vado a criticare il lettore con 2 neuroni che legge le storie dello scrittore Tizio. Qui si tratta di onestà intellettuale da parte dello scrittore e dell’editore. Se io leggo un libro dove c’è la firma di Patterson, ho il diritto di credere che tu Patterson l’abbia scritto. E invece mi stai ingannando.
Se invece leggo il libro di Valberici, e leggo sulla costola “pseudonimo di autore che non vuole far sapere il proprio nome per i suoi motivi”, ne sono cosciente fin dal momento in cui lo compro. Me ne frego, perché mi interessa la storia.
Ma se leggo il libro targato Francesco Falconi e poi scopro che l’ha scritto Virgola, il suo cane, mi incazzo. Perché Francesco Falconi mi ha preso per il culo. Poi magari il libro mi piace pure, perché Virgola scrive meglio di Falconi, ma questo è un altro paio di maniche.
Non sto parlando di contenuto, ma di onestà.
Infatti, quoto Francesco… non credo che qui il problema sia la qualità dell’opera, ma l’onestà di chi vende quest’opera.
Patterson potrebbe fare un collettivo come Wu Ming… sarebbe più corretto.
Poi, se vogliamo, il fatto che Patterson lo dica apertamente in un’intervista non lo interpreto come onestà ma come: “ho 70 milioni di lettori idioti, cazzo me ne frega. Li prendo per il culo e continuano a pagarmi mentre prendo il sole a Miami. Grazie, branco di coglioni.”
Ma è stato proprio lui a uscir fuori? Cioè… questa cosa mi lascia perplesso…
Sì, se vai sull’articolo linkato, trovi il link all’intervista a Patterson
Non sono d’accordo, la disonestà intellettuale è favorita e addirittura “invocata” dalla “pochezza” dei lettori.
Provo a spiegarmi meglio.
Uno scrittore bravo e sempre meno “invogliato” a scrivere un bel libro, tanto non sarà preso in considerazione e venderà pochissimo, meglio dunque mettersi al servizio di un affermato che gli concederà un ottimo stipendio, e magari poi pubblicare anche per conto proprio.
Credo si debba riflettere su questo, visto che il condannare Patterson et similia è di una tale ovvietà che non vale nemmeno la pena discutere.
Un po’ come se tu mi dicessi che un assassino è da condannare, il discorso finirebbe lì con il mio assenso.
Ma se gli assassini aumentano allora possiamo discutere del perchè. 😉
Ah, aggiungo che non noto una pochezza di neuroni nel giovani lettori, ma una certa pigrizia nell’usarli. 😉
Scusa Valbe, non ho capito il tuo intervento. Era rivolto ai neolaureati ghost che lavorano per Patterson e che probabilmente hanno ricattato tanto da indurlo a fare quelle affermazioni pubbliche?
Io non ce l’ho con loro, ma con Patterson.
Letteratura favorita dalla pochezza dei lettori? No, si chiama avidità. Patterson preferisce starsene al sole a (far) scrivere storie penose e commerciali e godersi i suoi milioni di dollari. La scusante è che se scrivesse libri di qualità non avrebbe lo stesso riscontro? Non credo, visto che esistono McCarthy, Saramago, King, non mi pare che passino inosservati.
Se anche così fosse, si tratta sempre di onestà. Che scriva un buon libro, guadagni la metà, si cerchi un altro lavoro se non gli bastano i soldi guadagnati dai libri. Come fanno gli “scrittori liberi”.
Condannare Patterson è un’ovvietà? Vedo che estremizzi, allora estremizzo anche io.
“Povero assassino! Non aveva soldi, ma non l’ha fatto di proposito a uccidere il cassiere!”
“Povero stupratore! E’ brutto come il culo, in qualche modo doveva soddisfare le sue esigenze sessuali!”
Oppure, ancora peggio: colpa del sistema? No, esistono gli scrittori sopra citati. E’ un discorso etico e morale. Verso se stessi e gli altri.
Che delusione! O_O Anch'io ho da poco letto il primo libro di Maximum Ride e, ammetto, non mi era sembrato così malaccio… ma ora mi scade proprio! E dire che avevo cominciato a leggere la saga più per l'autore (perché avevo sentito parlare di lui) che per la storia in sé! >_<
Ecco, almeno adesso sai come funziona.
In poche parole "operazione commerciale". Fortuna che ho preso l'edizione economica XD
che tristezza…
(come sempre la discussione è duplicata sul mio blog)
Tutto si riduce a lavoro e soldi e la sua passione per la scrittura dove è finita ? (suppongo l'abbia avuta almeno agli inizi! O_O)
Tutto si riduce a lavoro e soldi e la sua passione per la scrittura dove è finita ? (suppongo l'abbia avuta almeno agli inizi! O_O)
per lo meno, lo si spera…
Esatto!!!
Esatto!!!
Si era rivolto a loro, che per “far soldi” si riducono a fare gli scribacchini a pagamento, altrimenti, in parte per la pochezza dei lettori attuali, non potrebbero fare il mestiere di scrittore. I lettori pigri non vanno in cerca di nuovi autori, non rischiano, vedono l’ennesimo libro del loro favorito e comprano, senza nemmeno rendersi conto che è stato scritto da un altro. E, ripeto, giusto il discorso etico e morale ma su quello non c’è nulla da discutere, sono pienamente d’accordo, non è che sto cercando di dire che Patterson ha delle scusanti, ci mancherebbe, Dcio però che l’operato fraudolento di Patterson è favorito dall’attuale parco lettori.
Dumas faceva l’inverso, scriveva la bozza e poi arrivavano i negri a svilupparla, se faceva come Patterson i lettori lo sgamavano e i negri gli si sarebbero rivoltati contro molto prima, e con successo, invece lui vinse le cause. 🙂
Umm. mi sono letto ora l’articolo del Time…lì però si parla di co-writer e credo che Patterson si riferisca a quegli scrittori che hanno scritto la serie del club omicidi, ma sono noti e mi pare che siano in copertina.
Quando dice che: “If I’m working with a co-writer, they’ll usually write the first draft. And then I write subsequent drafts”, io lo interpreto come un riferimento a libri scritti a “quattro mani”, non quelli di Alex Cross. Non è che l’articolista di Panorama ha un po’ esagerato?
E’ una forma di sfruttamento (Patterson) e di mancanza di dignità (ghost-writers). Ogni opera dovrebbe avere come paternità il nome che porta sulla copertina: si tratta di rispetto verso chiunque. Scrittore, lettori. Forse il rispetto è andato perduto, ma la cosa peggiore è che pochi sembrano sentirne la mancanza e farci caso.
Non giustifico i ghost writers, ma magari sono persone che hanno bisogno di lavorare e devono scendere a compromessi e questo può rendere comprensibile la scelta fatta; oppure sono mercenari, che fanno questo lavoro perché è uno dei tanti per arrivare ad avere un salario. questo non è concepibile, perchè la scrittura è passione, nasce da un sentimento che è al pari di amicizia, amore; non calcolo opportunistico.
Come fa Patterson è una mancanza di rispetto, innanzitutto verso se stesso, perché di suo nei libri con stampato il nome che porta c’è poco. Ma forse con tanti soldi a disposizione, non è una cosa che ha molto valore.
In questo caso premierei la sincerità. Alla fine quello di Patterson è proprio un marchio come Geronimo Stilton. A prescindere da chi lo scrive se ti piace lo compri, altrimenti cambi marchio. Ciò che non mi piace è quando si spaccia il GW per il vero scrittore. Patterson mette il nome e la supervisione. Fa da editor e scrittore praticamente. Piuttosto sono quelli che non si firmano a doversi arrabbiare: un minimo di riconoscimento dovrebbero averlo.
Mirco, ammesso che non l'abbia fatto per anticipare qualche collaboratore che lo minacciava _o ricattava_ di dire la verità. Cose sentite e risentite. Visto che ha scritto 70 romanzi, mi viene lecito pensarlo. Aveva tutto il tempo per dirla prima, questa nobile verità.
Ho l'impressione che uno come Patterson avrà contratti blindatissimi sulla segretezza di queste informazioni. E in effetti sì, doveva dirlo prima. Ma sempre un marchio resta alla fine. Se avessi letto tutti i libri e mi fossero piaciuti, non cambierei idea. Piuttosto penserei che "il gruppo" con il nome Patterson è bravo, non la persona. Un po' come i Wu Ming tanto per intenderci. Lo considererei un nome collettivo, una factory. Poi pensa a quelli che si sono ritenuti truffati quando hanno scoperto che George Eliot o Ellis Bell in realtà erano donne. Alla fine che te frega 😀 Wuthering Heights sempre un capolavoro rimane.
Nel caso di "Cime Tempestose" si trattava di uno pseudonimo, il che è diverso 😉 Personalmente, quando acquisto il libro di uno scrittore, non penso a lui come un "marchio" (mi vengono i brividi solo a pensarci); vorrei che nella letteratura si parlasse di arte e di artisti, invece di prodotto commerciale, anche se, in effetti, proprio di questo si tratta ed è lecito che lo pensi l'editore (e l'autore, dipende dai casi ^_^). Comunque, morale della favola, se avessi saputo prima che si trattava di un gruppo, non mi sentirei delusa, e in un certo senso, imbrogliata: ricordiamo che James Patterson è un individuo, ci mette la faccia… se non lo avesse ammesso avrei continuato a credere che fosse tutta farina del suo sacco; è diverso dai Wu Ming per cui si sa che sono un gruppo di persone…
A parte che la traduzione di Valberici mi sembra la più giusta, e secondo me co-writer dovrebbe essere inteso come co-autore e non ghost… Non capisco proprio i termini della questione.
Leggo un libro, poniamo “I promessi sposi”, e mi piace molto. A quel punto, che interesse ho a sapere che Alessandro Manzoni non è mai esistito ma in realtà era un computer ottocentesco steampunk che produceva romanzi girando una manovella? “I promessi sposi” resta comunque un grande romanzo. Mantiene le sue promesse perciò io, in quanto lettore, mi sento rispettato, appagato e non preso in giro, chiunque sia l’autore.
Non capisco neanche la posizione di M.T. che dice che un ghost è un mercenario perché lavora per soldi e non per passione.
Giriamo la questione: un ghost magari ha moltissima passione, al punto da rinunciare al nome in copertina perché l’importante non è “diventare famosi” ma scrivere. E il fatto di essere pagato per il lavoro di ghost è anche un modo di poter dedicare alla scrittura molte ore al giorno e molto impegno, come altrimenti non sarebbe possibile. Se uno ama la scrittura magari preferisce fare quello dalla mattina alla sera invece che fare i turni in fabbrica per pagare l’affitto…
Mi sono accorto che sul blog ci sono più commenti e molti li ho persi :-/ Comunque volevo dire che ritengo più importante il libro e non l'autore. Tutto qua.
Cerco di spiegare meglio. E’ il modo che fa la differenza, ovvero come uno si pone di fronte alla questione. Nel post precedente ho espresso due possibilità: il ghost writers che fa questo lavoro, adattandosi a lavorare nell’ombra per pagare le spese, perché gli piace scrivere, ma non ha la possibilità di emergere in un mercato difficile e che tuttavia non vuole rinunciare alla sua passione, facendola diventare un’occupazione, anche se con qualche compromesso. Questo posso comprenderlo (non comprendo chi li utilizza, ovvero fa scrivere altri e ci mette poi il proprio di nome). I mercenari sono quelli che hanno talento nello scrivere, ma non hanno passione, perchè per loro è un lavoro come un altro: sfruttano la propria capacità perché devono arrivare a fine mese ed è l’unica motivazione che hanno.
Fanno così anche i primi, ma c’è anche dell’altro.
Insomma passione, di cui si fa anche lavoro, contro calcolo opportunistico.
Spero di aver espresso meglio qunto volevo dire.
Sono concorde con Mirco sul fatto che l’opera è più importante dell’autore: lo scrittore deve restare in secondo piano e lasciare spazio all’opera, perché già questa parla dell’autore e mostra parti di sé. Per quanto riguarda Patterson così non è, dato che il lavoro è di altri: un libro deve essere tutta farina del sacco dell’autore (editing e revisioni sono una cosa che viene dopo: parlo dell’idea che è la spinta a voler scrivere un libro).