Ancora esistono.
Siamo nel 2010. Quasi 2011.
In un mondo dove si urla alla globalizzazione, e forse in alcuni casi sarebbe necessaria. Sì, sarebbe necessario globalizzare il rispetto della vita, il progresso culturale e l’importanza di combattere l’ignoranza.
Perché ancora oggi in molti paesi al mondo esiste la pena di morte. Come quella che impone la lapidazione a Sakineh, forse per adulterio.
Fra l’altro, non solo uccidere, ma lapidare. Ecco, diamo una letta alla definizione di lapidazione: La lapidazione è un tipo di pena di morte, diffusa fin dall’antichità, nella quale il condannato è ucciso attraverso il lancio di pietre. Spesso tale supplizio avviene con la partecipazione della folla. La lapidazione è stata usata fin dall’antichità per punire prostitute, adultere, assassini e, nella tradizione islamica, gli apostati e gli omosessuali. La finalità di tale pratica era sostanzialmente l’espiazione pubblica della colpa del reo ed anche la formalizzazione del diritto alla vendetta; difatti, gli stessi accusatori del condannato partecipavano attivamente al lancio delle pietre.
Diffusa nell’antichità. Formalizzazione del diritto alla vendetta. Da brividi, veramente. Quindi, per alcuni paesi al mondo, la seconda decade degli anni 2000 è ancora antichità dove la vendetta è un diritto inalienabile. E poi si legge: nella lapidazione il condannato è avvolto in un sudario bianco ed è seppellito fino alla vita, se si tratta di un uomo, e fino al petto, se si tratta di una donna.
Una barbarie imposta dalla religione. E’ la fede cieca, oppio dei popoli. Sì, sono a favore della pluralità religiosa, ci mancherebbe. Ma la libertà del proprio credo non deve confondersi con la caccia alla streghe.
Poi, come sempre, oggi si ha una svolta. Sakineh non sarà più lapidata per adulterio, c’è un reato più grande. Complice nell’assassinio del marito. Quindi si passa dalla lapidazione all’impiccagione.
Sì, questo avviene ancora al giorno d’oggi. Nei paesi di cui siamo schiavi per il petrolio e con i quali nessuna potenza al mondo può (o vuole) aprire un dialogo verso il progresso.
In molte cose si sta tornando indietro, invece di progredire. Cambiano d’abito, ma rimangono sempre le stesse cose: barbarie, fanatismo, ottusità, imposizione, schiavitù.
C’è una fame, un desiderio di violenza, di sopraffare il prossimo che cresce ogni giorno: casi come Sakineh sono una delle punte più alte, ma in ogni attimo dell’esistenza, in ogni parte del mondo, c’è questa vena distruttiva, questo lato oscuro dell’animo umano. E più lo si vuole ignorare, negare e reprimere e più si rafforza e prende piede.