Dexter è stata una delle serie TV che ho seguito con più entusiasmo negli ultimi anni. Il protagonista era semplicemente magnetico: la sua natura, così folle eppure coerente, mi aveva rapito fin dalle prime puntate. Dexter e l’Angelo Oscuro, il dramma vissuto da bambino, l’assoluta necessità di uccidere ma solo persone malvagie. Il serial killer dei serial killer, come l’hanno definito. Ed era impossibile non innamorarsi anche di Debra, la sorella, solo per il fatto che non riusciva a comporre una frase senza infilarci un “fuck”.
Poi Dexter si è un po’ sfilacciato con le stagioni successive. Forse fino alla quarta ha retto, poi è andato calando. Era ovvio, la serie TV si basava sulla potenza di un protagonista che a lungo andare diventava ripetitivo e monotono.
L’ottava stagione, l’ultima, è stata terribile. Totalmente inutile, con una sceneggiatura pietosa. Anche il rapporto morboso con Debra, la scoperta della vera natura del fratello, alla fine si sono rivelati solo dei bluff per allungare una serie di successo. E portarla, come è accaduto con l’ultima puntata, al totale disastro.
Niente di nuovo. Ormai si deve gridare al miracolo se una serie TV, prolungata all’infinito, si conclude in modo degno. Basti pensare a Lost, ma anche a Merlin. Il primo per l’incapacità di ricongiungere tutte le fila, il secondo per una conclusione affrettata. La fine di Dexter, invece, è totalmente un no-sense. Non vi darò spoiler, promesso, ma vi dico solo che nelle scene – teoricamente – di maggiore pathos io ridevo. Perché era una sceneggiatura priva di senso. Forse lo scopo era stupire lo spettatore, tanto ormai si era giunti alla fine e non c’era nulla da perdere.
Peccato, perché Dexter, per otto lunghi anni, mi ha tenuto compagnia e mi aveva entusiasmato