Partenze

Credo che non mi abituerò mai a questa vita di continui spostamenti. Avere sempre la valigia mezza piena (o mezza vuota) che intralcia il corridoio a volte mi nausea. Tornato ieri dalla Finlandia, pronto a ripartire oggi per Grosseto. Prima di venire a Roma amavo guidare e tenevo tantissimo alla mia macchina, forse anche perché era un regalo di laurea. Ora spostarsi è solo una necessità. Una noia, una cosa che devo fare e detesto. Il traffico mi uccide, a volte mi sento come in gabbia in mezzo alle lamiere di una strada. Per questo vado in moto, ma non sono neppure un centauro, sia ben chiaro. Muoversi in moto per Roma è estremamente pericoloso, ma è la mia unica possibilità visto che disto 20 Km al lavoro che si traducono in circa 20 min di scooter o un’ora e un quarto di macchina. Fate voi.
D’estate l’aurelia diventa una tortura. Roma e dintorni affollano la costa almeno fino all’Argentario e il ritorno di domani sarà un nuovo incubo. Potrei prendere il treno, alternativa ben più comoda, ma non so se posso portare il cane con me. Devo informarmi. Vabbè, questo è quanto, non mi piace lagnarmi in una giornata che promette sole e un accenno d’estate.
Buon week end a tutti!

Saluti dal nord Europa!

Eccomi. Riesco a trovare due minuti per riempire questo blog prima di sprofondare a letto. Premetto che mi sto quasi ricredendo sulla Finlandia. Questo paese ha un suo fascino particolare quando si avvicina l’estate. Sì, è ancora dannatamente freddo.
Il giorno la temperatura è accettabile, sui 12 gradi massimo, ma la sera scende fino a 2 gradi. No, non è impossibile, ma sapete bene che quando la temperatura scende sotto i 10 gradi celsius io divento isterico.
Ma passiamo alla cosa più fica: LUCE. La luce d’estate regna incontrastata a Helsinki per quasi 20 ore al giorno. Il sole sorge alle 4.30 del mattino e tramonta alle 23.30. Fa strano uscire dal ristorante e vedere il tramonto.
E’ bello, sconvolgente,  e mi mette allegria. L’albergo dove facciamo il meeting è immersi in un bosco di conifere e affaccia su un’insenatura del mare. La Finlandia, che strano paese. 5 milioni e mezzo di abitanti, 18.000 laghi. Un mondo lontano dal nostro, così diverso eppure così affascinante.
Ah, dimenticavo. Stasera solito ristorante super chick in mezzo a un lago, accessibile solo tramite la barca. Guardo il menu, con occhi sbarrati. Ovvio, zero totale sul finlandese ma ho anche diversi limiti sulla lingua inglese per quanto riguarda il "vocabolario culinario".
La faccio breve che sono stanco morto. Ero convinto di aver mangiato tacchino. Insomma, il tacchino è quel volatile (che non vola) brutto e grasso. Se lo meritava.
Roast reindeer. Due parole devo imparare, mica è così difficile.
Taglio corto, nulla da fare, era renna. Ancora una volta ho sterminato il mezzo di locomozione di Babbo Natale . Prepensionamento diretto in nord Europa.
Reindeer.
Renna. Renna.
Renna, cazzo.

Un saluto prima di partire!

Un saluto a tutti, domani riparto per Helsinki. Il che non mi rende proprio felice, visto che le temperature danno una minima di 1 grado.
 Lo sapete cosa mi succede quando fa freddo, no?
Non so quindi se riuscirò ad aggiornare il blog, insomma, autogestitevi ๐Ÿ™‚

Vi lascio una simpatica foto di Bolak (ehm… non quello di Estasia, ma il cane di mia sorella) nel pieno dei festeggiamenti per lo scudetto dell’inter.
Io non sono mai stato un grande tifoso, ma lo era mio padre. Mi spiace solo che l’inter abbia iniziato a vincere quando lui non c’era più.
Linko anche l’intervista di ImpBianco a Mario Labieni, per fortuna spoiler-free sui miei prossimi lavori.
Buona settimana a tutti!

Stranezze di un sabato qualunque

ATTO 1
————–
Arriva un SMS: "Chiami il numero 800.xx.xx per blocco carta"
"Bah, il solito messaggio per spillarmi dei soldi" mi dico. Qualcosa non mi convince. E’ un numero verde, non ci sono inganni.
Chiamo.
«Dica Servizi o Blocco Carta» risponde una voce metallica preregistrata.
«Uhm…»
Mi sento scemo e dico "blocco carta", come era scritto nell’SMS. Non è che la frase prometta nulla di buono, ovvio.
Risponde un operatore.
"Ah, che bello, un essere vivente. La razza umana non si è ancora estinta."
L’uomo mi chiede un po’ di dati: nascita, nome cognome, numero carta, codice fiscale. Aspetto che mi chieda anche la taglia dei boxer ma, con mio grande sollievo, mi dice che va bene.
«Salve mi è arrivato un SMS per il blocco della mia carta di credito. Credo sia uno scherzo» continuo, tanto per ravvivare la conversazione un po’ monotona.
«Esatto, lei è stato clonato.»
Ecco, immaginatevi voi, di sabato mattina alle 10, appena sveglio, come può essere ricevere una notizia del genere. La caffeina è appena andata in circolo, e i neuroni ancora sbadigliano assonnati.
«Mi ha sentito? Lei è stato clonato.»
Mi guardo attorno, inebetito. In sala ci sono solo io. Sì, c’è una roba arruffata e con il viso gonfio sulla parete, ma se non sono del tutto rincitrullito dovrebbe essere la mia immagine riflessa. Mi sono svegliato da poco, ma sono capace di riconoscere uno specchio, cacchio.
«Hum…»
Mi alzo sulla punta dei piedi per vedere la cucina. Nulla, nessun Falconi clonato. Peccato, sarebbe stato un sabato divertente. Nello stesso istante, un brivido corre lungo la mia schiena.
"No, tutto ma non questo. Ditemi che non c’è una Virgola clonata. Alzo bandiera bianca.
Per fortuna l’ometto del call center inutisce di aver un tonto irrecuperabile dall’altra parte della cornetta e prende l’iniziativa.
«Nel senso che la sua carta è ad alto rischio clonazione.»
Tiro un respiro di sollievo. La parola "clonare" è inquietante, ma se si tratta di un pezzo di plastica come la carta di credito non mi fa così paura.
O forse no. Cacchio, lunedì parto per Helsinki, come faccio senza carta di credito? Una scarica elettrica attiva tutti i neuroni insieme. Vomito parole all’ometto senza volto.
«Mi spiace, ma avendola avvertita se ci sarano transizioni illegali non sarà risarcito. La blocco?»
"Oddio, questo fa sul serio. Mi blocca. Virgola aiutami, ti prego."
«Signore, si decida. Blocco la sua carta o preferisce rischiare?»
I neuroni litigano fra loro. Uno tira fuori un’alternativa, ma quello accanto lo smonta. Una guerra senza fine.
Li mando a quel paese, brutti neuroni incapaci, e decido da solo.
«Mi blocchi.»
Silenzio. Il sole si eclissa dietro la nuvole.
«Le comunico che è bloccato.»
"E io di andare a fanculo" penso.
Un neurone mi bacchetta. L’ometto senza volto l’ha fatto per la mia sicurezza.
Mi trascino con le braccia ciondoloni in cucina. Virgola mi guarda e scondinzola. Chissà perché, ma sembra felice.
Virgola, secondo me, sta ridendo.

ATTO 2
————–
Risolto. Mi sono ricordato di avere un’altra carta di credito, mai usata. La attivo subito.
Bene, posso riprendere la mia giornata, ho un sacco di cose da fare, tra cui scrivere e fare footing alle 19.
Faccio una capatina in terrazza, visto che durante la settimana non ho mai tempo di sistemare la mia foresta amazzonica. Recido i fiori secchi, sistemo le piante qua e là.
«Merda» borbotto. In un angolo della terrazza è montato un grigliato di legno, e il gelsomino ha invaso ogni spazio libero, senza senso. Devo sistemare i rami e intrecciarli.
Barriera architettonica. Madre natura mi ha concesso 1,73 cm di altezza. Forse la troppa intelligenza è scesa a patti con la forza di gravità. By the way, afferro una protesi di ferro, comunemente conosciuta con il nome di  scala. In realtà è un treppiede, che non mi permette di raggiungere l’angolo più alto.
I neuroni iniziano a litigare tra di loro di nuovo. Uno sembra avere il sopravvento sugli altri e mi consiglia di mettere il treppiede sopra il divano, guadagnando così altri 40 cm. Un neurone in lontananza biascica che è una cosa pericolosa. Non capisco bene cosa voglia dire, credo blateri una parola del tipo "equilibrio instabile".
"Instabile sarà la tu’ sorella" penso e do retta al primo neurone, quello più audace.
Immaginatevi la scena di me arrampicato su un treppiedi che oscilla come un pendolo. Insomma, mi sento molto Spiderman e riesco nell’impresa.
Sono soddisfatto, posso depennare la voce "terrazza" dalla mia todolist del sabato. Ma quando sto per scendere, noto che il nido del merlo è vuoto.
"Vai, si sono levati dalle palle!" penso con gioia. Mi sporgo ancora,  e il baricentro vacilla sul vuoto. Giro un po’ il nido e guardo cosa c’è dentro.
Inorridisco.
Cinque esseri marroni scuri, senza piume, con gli occhi sbarrati. Cinque piccoli merli appena nati. Cinque uccelletti orripilanti e disgustosi.
"Va beh, lo sapevo" faccio buon viso a cattivo gioco. "Belli, cari! Confido nel vostro imprinting, vedete di levarvi dai piedi presto!"
Un sorriso smagliante, e mi volto per scendere.
Una cosa oscena mi guarda con due occhi neri come la pece. Neri come fulcri di tenebra.
La madre Merlo ha una roba schifosa serrata nel becco, credo una poltiglia di vermi informi che ancora si muovono.
I neuroni urlano. Io urlo. ll merlo rimane impassibile.
Perdo l’equlibrio e cado. Mi aggrappo un po’ a tutto, lancio la ragnatela dai miei polsi, forse rompo qualcosa. Ma mi salvo.
Respiro con affanno e guardo in alto.
Il merlo, secondo me, sta ridendo.

Una marea di foto

Lo sapete che con Mario Labieni occorre una pazienza infinita? E allora non sconvolgetevi se il signore in questione si è degnato di mandarmi le foto delle ultime presentazioni solo oggi. Sotto vi riporto tutti gli scatti che immortalano i simpatici eventi, mentre fra due settimane sarò in grado di postare anche il filmato di Grosseto e il servizio che è andato in onda in televisione. Ma devo tornare a Grosseto per questo e recuperare il materiale. Ma veniamo a noi con un resoconto puntale:

Perugia Eccomi insieme a Mario e Fabio nel bellissimo auditorium di Perugia, prima della presentazione. Dietro di noi l megaschermo su cui è stato proiettato il documentario "Estasia, immagini di un sogno" che trovate anche nella home di questo sito.

Perugia Cena
Qui sono in compagnia degli amici di FantasyMagazine, durante la cena in un locale fichissimo di Perugia. Con me anche Franz e Luca Azzolini.

Presentazione Grosseto Io e Mario davanti alla Libreria Mondadori di Grosseto, prima della presentazione. Notate che c’è un intruso, un’essere demoniaco a cui ovviamente non frega un fico secco della foto ๐Ÿ™‚

Presentazione grosseto, dediche Sessione autografi dopo la presentazione di Grosseto.

Presentazione grosseto, gruppoTutto il gruppo della "Corona Incantata" dopo la presentazione. Manca Matteo, che si era già defilato.

Pensieri vaganti

Giusto per farvi una risata, guardatevi i video che il folle ImpBianco ha postato nel suo blog: il secondo riguarda me e… Virgola. Insomma, alla fine Falconi è diventato una specie di mafioso… bah!

Dunque, visto che molti di voi si dilettano nella scrittura di libri, racconti e quant’altro, volevo segnalarvi un programmino davvero speciale. Mi fu consigliato tempo fa da Licia, e solo poche settimane fa ho avuto l’opportunità di testarlo. Si tratta di Scrivener, trovate tutte le informazioni sul sito dedicato. Essendo io di natura un po’ SanTommaso, ho provato anche altri programmi affini, come Ulyssess e Storymill, ma Scrivener è risultato decisamente il migliore. Tanto che ho deciso dopo un trial di una settimana di comprare la licenza (al costo di circa 24 euro, nulla di sconvolgente). Ve lo assicuro, io che compro la licenza di un programma è un evento praticamente unico. Ma Scrivener le vale: non solo è un ottimo word processor (anche se con 1/10 dei fronzoli di word che sono praticamente inutili) ma consente di avere una visione globale del proprio progetto, dividendolo in cartelle e file dove possiamo facilmente postare le schede dei nostri personaggi, ambientazioni, immagini e documenti di riferimento. Una man santa per una persona come me che vive nel compelto disordine! Poi, lo sapete, apprestandomi ai 22 anni (da 10) la memoria a volte vacilla, e sono costretto a rispulciarmi le vecchie Estasie per ricordarmi come avevo descritto un pezzo.
Fantastico. Unica pecca? Funziona solo sotto MAC. E’ una pecca? Assolutamente no, visto che non capisco il motivo per cui teniate ancora un windows a casa. Ergo, problemi vostri, cocciuti windozziani.

La scrittura di E3 procede, sono a un punto cruciale del romanzo. Insomma, quelle parti che piacciono tanto a Valbe.
Profiel è entrato nella fase… no comment.

La prossima presentazione di Estasia sarà il 6 giugno, ore 11.15, alla Libreria Mondadori di via Piave, Roma. L’appuntamento a Monterotondo pare invece spostato a luglio, ma ancora non ho capito quando.

That’s all friends.

Un genio incompreso

Tempo fa leggevo questo articolo su repubblica: "Un lavoro si trova, ma dequalificato Italia, il Paese dei cervelli sprecati".
Nulla di nuovo, mi direte voi. Effettivamente è una solfa che si ripete da anni, e che non accenna minimamente a cambiare. L’altro giorno leggevo su un altro giornale che un laureato guadagna in media 120 euro in più al mese rispetto a un diplomato. Il che mi ha lasciato basito, se penso ai 5-6 anni d’università passati a rovinarmi la salute visiva e mentale sui libri. Per non considerare poi la spesa immane che una famiglia deve sostenere per mantenere il figlio all’università. Forse nelle grandi città la cosa è un pelino più semplice, ma immaginate uno come me, che vive in una piccola cittadina di provincia come Grosseto, con delle pseudofacoltà che altro non sono che distaccamenti di altre sedi. Ho vissuto per 6 anni a Siena, e non voglio nemmeno provare a fare il conto di quanto ho gravato sulle spalle dei miei. Affitti alle stelle, libri, tasse universitarie e vari addendum.
La mia famiglia si è sacrificata per me e io ho fatto il possibile per finire al più presto con un buon risultato. Pare demagogia, ma non è proprio così visto che all’epoca qualche mio amico interpretava l’università come una gita fuori città per fare baldoria, feste e tanto altro (il che non è sbagliato, basta dosarlo e portare a casa i risultati ;)).
Comunque, morale della favola, mi chiedo se è veramente servito studiare tutti questi anni. Ok, sono ingegnere, ho il mio bel lavoro a tempo indeterminato, ma di certo non sgauzzo nell’oro. Il mito dell’ingegnere ricco e ricercatissimo è defunto nel 2001. Conosco tanti miei colleghi a spasso, altri con uno stipendio di appena 1000 euro. Il fatto è che a me piaceva studiare ingegneria. Stava e sta nel mio DNA, e per quanto mi sforzi non lo posso cambiare.
D’altronde, mi piacerebbe anche sfruttare appieno ciò che ho studiato per anni, e anche essere gratificato, sia lavorativamente, sia economicamente.
Questa è l’Italia in cui viviamo, a prescindere dai governi che puntualmente non fanno un tubo. Le aziende non investono, i dipendenti non sono retribuiti in modo equo né gratificati per il loro lavoro.
Unica chance? Già, c’è poco da fantasticare. La solita soluzione che troppo spesso sento dai miei amici o leggo in qualche blog. "Emigrare" all’estero, e neppure troppo lontano. Basta guardare la Germania o l’Inghilterra per scoprire orizzonti del tutto diversi.
Circa un anno fa ho avuto una proposta di lavoro a Londra, per una cifra che si aggira a circa 4 volte quella attuale. Stipendio da capogiro, che mi lasciò stordito. Ci ho pensato a lungo, ho valutato anche il fatto che il tenore di vita a Londra fosse ben più alto di quello di Roma, ma qualsiasi equazione conduceva al medesimo risultato: Vita da Nababbo.
Quindi perché non ho fatto le valigie e sono partito? Bah, per una serie di motivi,  tra cui  una sorta di pigrizia. No, non mi voglio nascondere dietro un dito. Ho stravolto troppe volte la mia vita in passato, e ho seguito il dedalo di strade che il destino mi rivelava in modo troppo impulsivo senza fermarmi un attimo a ragionare. Grosseto, Siena, Roma. E’ vero, sono tutte trame trame di un destino che mi hanno fatto conoscere bellissime persone, che mi hanno spinto a pubblicare due libri, a vivere in questa complicata capitale. E a un’infinità di altre cose.
Mi sono chiesto quindi se ero veramente pronto a scombinare ancora una volta la mia vita solo per il denaro. Fuggire in Inghilterra, stringere i denti i primi mesi, soffrire un po’ di solitudine per poi iniziare una nuova esistenza più agiata. Seguire gli schemi burocratici e culturali di un popolo che non mi appartiene, abituarmi a non vedere il sole, sbiadire la mia pelle giorno dopo giorno, perdere tutti gli affetti.
La risposta è stata chiara, io non me la sentivo. Il motivo è semplice: trasferirsi a Londra non poteva essere interpretato come una "gita" o un’esperienza lavorativa. I meccanismi inglesi sono diversi dai nostri, una volta tornato in Italia non avrei mai potuto trovare un lavoro simile allo stesso stipendio. ERa una decisione definitiva.
E poi, per quanto se ne dica, io amo profondamente quest’Italia incasinata. Quest’Italia di ladroni, di compromessi e di calci in culo ha anche tanti lati positivi.
E non riuscirei mai a distaccarmene.