L’ansia da prestazione colpisce spesso i maschietti, anche quelli che si nascondono dietro barriere di finto machismo.
Ma l’ansia da prestazione che sto provando in questi giorni è di tutt’altro genere. Sono in fase di stesura finale di E2, e ho revisionato in modo febbrile 17 capitoli su 26.
Risultato? Più o meno quello che mi aspettavo. La storia funziona, la trama mi piace, la morte finale pure. Non toccherà nulla. Ma diversi capitoli (compreso il primo) sono stati rivisti stilisticamente in modo profondo. Alleggeriti, resi più fluidi, corretti. Cosa per nulla banale.Ancora ore piccole davanti al PC. Inoltre, il prologo è stato spostato come intermezzo, e ho scritto un’apertura nuova di zecca.
Il tutto con un pensiero fisso nella testa. Piacerà? E’ scritto bene? C’è poca suspence, poca azione oppure troppa? Ci sono colpi di scena, ma funzionano? Ho introdotto nuovi personaggi, sono convincenti? Ho superato i limiti del primo libro? Alcune scene sono troppo forti per una certa fascia d’età? Altre troppo banali?
E poi, piacerà al mio editore? Mi chiederà cambiamenti, lo reputerà uno schifo totale? Ne sarà soddisfatto?
Altalene di emozioni. Quando leggo un capitolo che fila liscio, mi rincuoro e mi dico: che bel lavoro che ho fatto qui! Poi vado sul successivo, non ne sono per nulla soddisfatto e taglio, strappo, distruggo a volontà. E2 l’ho finito ad aprile 2007, dopo 6 mesi non ho più pietà. Mi sono dimenticato della fatica con cui ho scritto quei capitoli, sono emotivamente più distaccato. Non sono più inibito, lo posso maneggiare a mente fredda.
Ma i dubbi ovviamente restano. E sono molti. Impossibile non averli. Credo di aver fatto dei notevoli passi in avanti con questo libro. Sulla storia, sullo stile, sui dialoghi, sulla credibilità dei personaggi. Poi so che giungerà il momento del lettore, assieme alle prime critiche, alle prime accuse, ai primi apprezzamenti.
Un ciclo che si ripete.
Abnegazione.