Un salto nel vuoto

"Nel mondo io camminerò, tanto che poi i piedi mi faranno male."

Sono passati 6 mesi.
Si dice che il tempo sia la miglior cura, o forse la memoria e le sensazioni tendono a stemperarsi giorno dopo giorno. Forse, chissà. A volte è proprio il contrario: emozioni represse, a lungo nascoste e ignorate, riaffiorano alla mente con preponderanza, come un urlo muto che grida la propria esistenza.
Un salto nel vuoto, una vita spezzata.
Una telefonata, secondi indelebili in cui non capisci più il confine tra l’incubo e la realtà.
Poi lasci tutto sopire nell’incoscienza della quotidianeità, nei lucori improvvisi della banalità contingente, afferrato dai miasmi di una vita corrotta da una frenesia convulsa.
Ma un giorno ti colpisce una frase, un discorso tra colleghi, un segno indesiderato che ti riporta alla verità rinnegata. E piombi d’improvviso nel baratro del dubbio, fagocitato da quella pazzia dilagante a cui non sai dare un nome.
Era un mio conoscente, era un mio amico.
Una persona forse fragile, affetta da quelle paronoie che sfaccettatano il carattere di ogni essere umano. A volte pareva galleggiare in una vita grigia, cercando di divincolarsi da quella corrente infida, pronta ad afferrarti le gambe e trascinarti nel nulla. Nell’assenza. Altre volte il suo viso s’illuminava di una freschezza soprendente e ti contagiava con brevi ma intensi attimi di gioia.

"Nel mondo io camminerò, tanto che poi i piedi mi faranno male."

Cadiamo tutti, il vero valore sta nel saper riazarsi e guardare avanti con forza rinnovata. Ma cosa accade se non riusciamo a rialzarci? Cosa accade quando questa forza che tutti ci costringono ad avere vacilla sotto i nostri piedi e lascia sgretolare il mondo come fosse vetro? Cosa accade se la mente non è più nostra amica e ci scompone in tanti tasselli di un mosaico incomprensibile?
La risposta è semplice: non lo so. Non so minimamente come si possono aiutare queste persone. So solo che era un semplice ragazzo, che poteva dare ancora tanto a se stesso e agli altri.
Forse Roma è una scintilla che infiamma la pazzia. Tutti noi abbiamo una parte del subconscio che ignoriamo, come un lupo famelico pronto a balzare fuori, plasmandosi sulle nostre paure, trasfigurando il buio della nostra anima. E’ forse quella bestia, dentro di noi, che un giorno ci fa aprire la finestra per un salto nel vuoto.
Un salto senza ritorno.
Roma è una città bellissima, ma allo stesso tempo è capace di ammorbare la mente, di stringerti senza pietà nella sua morsa fino a toglierti il fiato. Allora ti senti una goccia in balia delle onde dell’oceano, solo in un deserto di sei milioni di persone.

Non lo so, non lo so e non lo voglio sapere. Ma fa male.
Mi mancherai.

"Nel mondo io camminerò, tanto che poi i piedi mi faranno male."

La Magica Terra di Slupp

Qualche tempo fa vi anticipai di aver avuto l’onore di scrivere la prefazione per un’amica, Antonia Romagnoli. Il libro in questione si intitola "La Magica Terra di Slupp", un romanzo ironico su base fantasy. Bene, con il benestare dell’autrice, sono felice di presentarvi la copertina, opera di Mario Labieni, e la prefazione del sottoscritto. Il libro in questione uscirà per Lulu edizioni a fine Settembre, con la speranza possa essere pronto per l’evento di Bardica. Avendolo già letto in prima stesura, non posso che consigliarvi vivamente di acquistarlo, specie per la sua vena ironica che contamina le atmosfere fantasy. Infine, una perla per tutti: i personaggi che abitano la Terra di Slupp non sono altro che una rivisitazione e caricatura degli Amici del Caffè. Infine, non posso che fare le mie più sincere congratulazioni ad Antonia, nella speranza che il suo bellissimo primo romanzo "La Chiave dell’Alchimista" trovi presto una degna pubblicazione.

Prefazione di Francesco Falconi

Non sono un cuoco.

Sono uno che si aggira tra i fornelli e gli elettrodomestici di ultimissima generazione con la speranza possano in qualche modo mantenermi in vita. E ci riesco bene, credimi.

I migliori risultati li ottengo usando la creatività: intrugli putrescenti che esalano miasmi nauseabondi, pastine bolakkiane precotte su brodaglie elementali, alchimie opalescenti di verdure censurate. S’intende: il tutto sempre condito con un goccio di assenzio. E pensate, ci si può riuscire senza usare nessun grimorio culinario. [ndr: giro di parole per evitare la cacofonia di culinomicon. Ehm, uhm. Niente fagioli, promesso.]

 

Eaaaa… adesso perché mi stai guardando di sbieco? Non sono uno psicotico ma non ci vuole neppure la dote psionica per intuire una tua leggera diffidenza. Guarda, non è nulla di originale: rimpasto e reinvento i soliti prodotti di Naturalia, poi ci aggiungo un pizzico di sale e peperoncino. Quindi rilassati un po’, dinoccolati la schiena, sbatacchia la testa contro qualche spigolo e preparati al primo assaggio. Se c’è abbastanza sale e peperoncino sentirai un formicolio sulla punta dell’alluce e una breve scarica elettrica alle tempie. Non ti preoccupare, non è un embolo, sono solo le sorelle sinapsi che si fanno una grassa Risata. Ecco, siamo arrivati al punto, sei riuscito a fare la tua prima Risata. Esistono mille ricette per condire i risotti, ma la Risata è assolutamente ineguagliabile. Prova a offrila per cena ai tuoi ospiti: d’un tratto tutti saranno simpatici e solari, e anche il tuo muso grigio s’illuminerà di sfumature cangianti.

 

Vedi, tra le Terre di Slupp è facile trovare tutti gli ingredienti per un perfetto impasto: i suoi abitanti hanno giardini pieni di peperoncino e dal rubinetto esce acqua salata.Se ti annoia andare alla ricerca di tutti gli componenti della Risata non c’è alcun problema: prendi il primo taxi per Falconia, fila dritto alla Scuola di Magia e chiedi degli apprendisti maghi. Ti diranno che stanno assaporando un buon caffè, fregatene e vai dritto dalla Magistra Ghidia esponendo il problema che ti aggroviglia le budella. Vedrai, saprà aiutarti a riscoprire ogni singolo ingrediente della Risata.

 

Ah, non sto mai zitto, lo so. Senza accorgermene ti ho svelato il grande mistero della ricetta della Risata: la semplicità. Tutti la reputano così banale che non riescono mai a scoprirla. Mi raccomando, non dirlo a nessuno.

Bene, se non sei di questo avviso, vai alla prossima pagina e cerca gli ingredienti nella Terra di Slupp.

Un sorriso.

 

PS: dimenticavo, il mio nome è Fradan.

Miti Italiani

Credo tutti voi abbiate appreso la notizia del decesso di Pavarotti, TV e giornali ne sono pieni. Allora, frankly speaking, non ho mai avuto un’eccessiva simpatia per Pavarotti come persona, ma non posso non ritenerlo un personaggio di grandissimo valore artistico. Per chi fosse poco informato su di lui, Wikipedia sarà ancora di valido aiuto. Pavarotti, che lo si ami o no, è senza dubbio una stella italiana nel firmamento mondiale, cosa per nulla scontata. La bella italia, tanto apprezzata nei paesi latini, è categoricamente tagliata fuori dalle grandi UK e USA in ogni campo artistico: musica, libri, cinema. L’unico forse a salvarsi è quello della moda. Ovvio, si può obiettare su quello culinario, ma forse è un’arma a doppio taglio per affibbiarci il simpatico appellativo di "pizzaioli mafiosi".
Purtroppo di queste stelle, ce ne sono sempre meno. Benigni, Loren, Bellucci, Ramazzotti, Pavarotti… in pochi hanno sfondato le porte oltremanica e oltreoceano.
Restringendo il campo visivo, anche l’editoria è affetta dallo stesso morbo. Mentre le nostre care case editrici sono pronte e ingurgitare le pillole inglesi e statunitensi, troppo spesso cadendo nella totale spazzatura, è molto raro che un autore italiano sfondi in quei paesi. Soffermandoci sul campo fantasy, a parte i nomi dei grandi Martin, Rowling, LeGuin, Erikson  etc… sugli scaffali vanno a finire libri esterofili di qualità pessima, che durano pochi mesi. Anche Licia Troisi, senza dubbio la più venduta nel panorama fantasy italiano, non è ancora riuscita a raggiungere America e Inghilterra (e noi tutti ce lo auguriamo presto).
D’altro canto gli esordienti italiani devono faticare sette camice per aggiudicarsi una pubblicazione o la minima considerazione da parte di una casa editrice. Altrove capita di vedere romanzi scritti da autori italiani sotto pseudonimo. Esatto, il male dell’esterofilia non solo impatta il mondo editoriale, ma anche quello dei lettori. Può risultare incredibile ma è un dato di fatto: piazzare un nome inglese sopra un libro fa vendere più copie.
Probabilmente scrivere "Estasia di Frankie BigHawkes" (come mi hanno chiamato scherzosamente in una discussione similare) avrebbe venduto il triplo. Non solo, le critiche sarebbero state più lascive per vari motivi: qualche errore sarebbe stato colpa del traduttore, non del povero bistrattato autore anglosassone, e la polemica meno aggressiva, tanto lo scrittore straniero non l’avrebbe letta né si sarebbe offeso, ergo non avrebbe avuto senso accanirsi senza soddisfazione.
Un autore italiano è qualcosa di più tangibile, maltrattabile e rispecchia la frase "perché lui e non io".
Beh, sicuramente gli autori italiani – me compreso- devono migliorare e dare più dignità e  respiro al fantasy ma, a mio avviso, anche le case editrici e gli stessi lettori  dovrebbero sforzarsi a cambiare le cose. Altrimenti è come accendere una candela in mezzo a un tifone.

Imprecatio Letteraria

Come sapete scrivo romanzi da ragazzi e non ho intenzione nel breve-medio termine di cambiare genere. Ovvio, i libri successivi saranno diversi da Estasia 1, specie Profiel.
Ora, scrivere per ragazzi significa seguire un determinato stile, che implica dei paletti e limiti ben definiti. Uno di questi è l’imprecazione e sta diventando un problemino per Profiel. Questo romanzo è caratterizzato da dialoghi freschi e credibili, ma soprattutto moderni. I personaggi sono schietti, alcuni anche con caratteri particolari. Per cui è facile si incazzino.
Esatto, la parola "incazzarsi", per esempio, sta al di là del limite stilistico. Questo, a volte, mi fa sentire come se avessi una zavorra alla dita.
Mi spiego meglio. Se vi casca un martello sull’alluce cosa dite? Anzi, ancora peggio, sbattete la testa contro uno spigolo, genera un dolore lancinante che scioglie subito la lingua. Ecco le opzioni:

1. avete un autocontrollo fuori dal normale e un’educazione pregressa inattaccabile. In questo caso lancerete un mugolio "Mmmmmm…" ma con il pensiero farete cadere a terra tutti gli Dèi dell’Olimpo.
-> Tradurlo in un libro non è affatto facile. Vada per il "mmmmm…" ma come esplicare le parolacce che sono passate nella mente alla velocità della luce? Un "dentro di sè imprecò senza contegno" non rende l’idea.

2. L’autocontrollo non è il vostro forte, oppure in questi casi date libero sfogo e vi sgolate come la Callas. Incomincerete a dire "Cazzo, fanculo, Merda" e similari. Oppure vi perderete nello slang indigeno "Maremma indiavolata, Maremma stronza" e via dicendo, a seconda dell’intensità del dolore segnato nella scala Richter.
-> Traduzione letteraria: "Caspita! Diamine! Miseriaccia! Cavoli!"
Ecco, trovatemi uno che parla così e lo prendo a schiaffi. Ti è caduto un macigno su un piedi e mi tiri fuori ‘sta voce da evirato? Controllati le cellule celebrali, caro.

Cosa accade se c’è un litigio fra due protagonisti? Supponiamo che la situazione sia davvero calda, prima che scoppi in una vera rissa, del tipo: "Stai zitta, sei solo una puttana!"
->Traduzione: "Sta zitta, donnaccia!"
Beh, direi che l’effetto non è lo stesso, neppure da lontano. Quando i ragazzi al giorno d’oggi litigano e imprecano, lo fanno senza mezzi termini. In un libro purtroppo si è costretti a limare il loro vocabolario, ad addolcirlo, a evitare certe parole e tanto meno espressioni dialettali. E’ una gran rottura, si perde il mordente del momento. Attenzione, non è questione di essere educati o meno, significa solo essere realistici. Anche la persona più raffinata si lascia andare a questo mondo senza, per carità, scadere nella volgarità insulsa della bestemmia. Ma un “merda” non fa male  a nessuno e ci mancherebbe, siamo essere umani, vogliamo liberarci e sfogarci ogni tanto, no?
Insomma, sto cercano di aggirare il problema con qualche artificio, per rendere tutto credibile. tuttavia qualora non ci riuscissi sempre, considerate il "Cavolo=Cazzo", "Diamine=Merda" ecc..
Per fortuna il mondo non è fatto di eunuchi, se avete proposte, vi prego, aiutatemi.

A Virgola Life: Lost in the Morning

Allora, mettiamo le cose in chiaro e diciamolo con parole schiette: sono la persona più abitudinaria di questo mondo, amo ripetere i rituali propiziatori e seguire al millesimo i planning giornalieri.

La sveglia suona alle 7.50, con due suonerie sincronizzate alla distanza di un minuto. Breve capatina al bagno per una breve minzione, dopo di che mi fiondo in cucina per la colazione. Cinque minuti, non di più. Massimo due minuti per scaricare le email e segnare la posta da leggere in tarda mattinata. Altra capatina al bagno, ergo ristrutturazione facciale composta da sballottolamento occhi e demolizione cispe, punizione delle gengive e allontanamento sintomi di alitosi notturna, rimozione estranei nelle cavità delle orecchie, guerra contro la barba incolta e inutile. Un risciacquo generale, vestizione preconfezionata la sera precedente, creazione impalcatura sopra la testa, con pendenze variabili a seconda dell’umore. In sella alla moto, 20 minuti massimo per arrivare a lavoro, comprensive di eventuali insulti e gorgheggi ai teppisti per strada.

Ah, ecco la mia vita, le mie care abitudini! Io vi amooooooo…..

Ssssssssss…. Rewind: Avvento Virgola. In the morning…

La sveglia suona alle 7.30, con due suonerie sincronizzate alla distanza di un minuto. Breve capatina al bagno per una breve minzione, accompagnato da un essere recalcitrante con un calzino in bocca. Provo a farle capire di lasciarmi un attimo di intimità, ma lei non ne vuole sapere.

“Mi lasci fuori? Maleducato! E comunque buongiorno, hai le labbra incollate?”

Mi fiondo in cucina per la colazione. Cinque minuti, non di più, ma mentre sto per addentare il grazioso e anonimo biscotto, mi arriva una randellata alla caviglia e uno sguardo severo.

“Cafone. Ti ingozzi certo, e io quaggiù che faccio, gioco a Ramino? Ho fame!”

 Ecco il pc, lo apro, giusto quei due minuti per scaricare le email e segnare la posta da leggere in tarda mattinata. Nel frattempo, sento qualcosa di appiccicoso sul piede. Un lingua demolitrice mi sta ciucciando l’alluce.

“Mi sto annoiando, mi cachi un pochino per favore? Comunque hai un alluce osceno, fattelo dire.”

Altra capatina al bagno, ergo ristrutturazione facciale composta da sballottolamento occhi e demolizione cispe, punizione delle gengive e allontanamento sintomi di alitosi notturna, rimozione estranei nelle cavità delle orecchie, guerra contro la barba incolta e inutile. Un colpo forte alla caviglia, la ciabatta si è dispersa nel corridoio.

“Ehi, cavernicolo, cucù! Ti sei accorto che ci sono anch’io? Ho fame, ho fame, ho fame! Se non mi dai da mangiare ingoio questa ciabatta puzzolente, scegli tu. Gli occhi dolci alla Shrek non funzionano, nerboruto, e io passo alle maniere forti.”

Un risciacquo generale in metà tempo, vestizione preconfezionata la sera precedente infilata alla batman, creazione impalcatura sopra la testa, come viene viene, ‘sti cazzi. Prendo la ciotola di Virgola, questa incomincia a muovere la coda con un tale intensità da avere singulti sparsi per tutto il corpo. Non ho scelta: o mi sbrigo o chiamo l’esorcista.

“Era l’ora, ritardato. Muoviti, rovescia tutto! Ehi, ma che fai? Che è, periodo di carestia??”

Mangia come un’indemoniata in 10 secondi netti. Mi getto sopra di lei alla velocità della luce e le infilo il collare. Giù per le scale, prima che la minzione invada la sala. Girella per il prato, indecisa sul punto più adatto dove regalare quei beni preziosi all’umanità. Gira e rigira, alla ricerca del suo nirvana, poi si acquatta.

“Ahh…. che liberazione. Aspetta, ho anche qualcosa di più sostanzioso.”

Il tempo stringe, una carezza, due o tre complimenti, quindi di filato in casa.

«Ehi Virgola, guarda laggiù, laggiù, la pallina maremma sudicia, prendilaaaaa!»

Lei si getta con un rantolo degno delle viscere dell’inferno. Poi, una porta che sbatte.

“Cavolo, mi hai fregato anche stamani. Ok, azione distruttiva in terrazza, se ne riparla stasera, brutto cavernicolo."

Un appello dalla Romania

Dopo il post sull’Olocausto Bianco, accolgo con piacere la richiesta di Massimiliano Frassi.
Dateci un’occhiata, qui.

Per seguire l’onda Naturalia invece vi segnalo questo articolo tratto da Repubblica. Ogni tanto leggere su quotidiani online qualche articolo ottimista tira su di morale. Ovvio, occorre capire quanto ci sia di concreto, in realtà. Faccio un semplice esempio: come sapete ho comprato da poco una casa, pressoché nuova: di impianti fotovoltaici neppure l’ombra, e non ne vedo neanche nei palazzi vicini in costruzione. Invece l’abitazione dove si trova il nostro Mario, possiede pannelli solari che usa d’estate per il riscaldamento dell’acqua. Bene, spero pian piano si arrivi a una diffusione capillare di queste nuove risorse di energia. Avete esperienze nelle vostre vicinanze?