Se conoscete una fattucchiera datele il mio numero, subito.
Vi racconto tutta la storia da quando sono arrivato a Roma, tanto per darvi una vaga idea della sfiga che mi perseguita. Prima moto comprata a maggio 2005, a giugno dello stesso anno primo incidente sulla Colombo. Fabio con uno sgarro di 7-8 punti nel braccio e io costola fratturata. 20 giorni a casa. Quella volta fu colpa mia, lo ammetto, Roma non ti concede neppure un secondo di distrazione. Vabbè, sono cose che capitano, tiriamo avanti, “alla fine poteva andare peggio”.
Fine maggio 2005, durante la notte si rompe un tubo dell’ACEA e il mio garage è stato invaso da 3 metri d’acqua. La fortuna, nella sfiga galattica, ha voluto che quel giorno lasciassi la macchina fuori del box, così l’ho salvata per un pelo. La moto no, ha subito una settimana di cure per riprendersi. Ma sai, “alla fine poteva andare peggio”. Passano pochi mesi, esco la mattina da casa per andare a lavoro e trovo la macchina poggiata su due bei tronchi d’albero. Tutte e quattro le ruote rubate. Avevo l’assicurazione incendio e furto, una gran rottura di scatole, ma “alla fine poteva andare peggio”.
E veniamo all’ultimo mese, decisamente più succoso. Quindici giorni fa, mi scordo la moto fuori casa. Mi è capitato 2 volte in 3 anni. La prima sono stato graziato, la seconda no. Moto rubata. Trovate il post relativo più in basso. Anche qui, assicurazione incendio e furto, “alla fine poteva andare peggio”.
Imperterrito, cammino a testa alta e sfido ancora il destino. Compro una nuova moto, tutta sbrilluccicante. Vai Francesco, sei proprio figo. Preciso che il mio non è amore cieco per le moto, tutt’altro. Odio le moto. Solo che da casa mia a lavoro impiego 1h e 30 con l’auto, 20 min in moto. E visto che il tempo per me è veramente oro, perdere 3 ore della mia vita quotidiana nel traffico proprio non mi va.
Gut, eccomi di nuovo in sella. Arrivo a lavoro, l’altro ieri, e incateno la moto a più non posso. Bloccadisco + megacatena che avvolge lo scooter dalla ruota alla sella. Mi volto prima di salire le scale e lancio un beffardo sorriso. Mi sento sicuro e anche figo.
“A Franc’è spaccagli il culo a sti romani”.
Esatto un fichissimo idiota. Scendo alle 18.30, la cara moto ancora lì ma il bauletto scassinato e il casco rubato. Sono stoico, stringo i denti. Federica mi salva portandomi il casco di Miriam. In qualche modo farò. Destino di merda, io ti combatto. Ma non è la fine del mondo, “alla fine poteva andare peggio”.
Ieri arriva la notizia dell’intervista a SKY e nel contempo 8 copie di Estasia per la promo arrivano a H3G. Esco da lavoro, sistemo le copie sulla moto (depredata del bauletto) e mi accingo ad andare a casa. Ho una mega cena e già mi gusto già il quantitativo di vino con cui delizierò gli ospiti. Arrivo piazza San Giovanni, mi appresto verso via La Spezia.
E’ verde, trallallà il nostro eroe attraversa l’incrocio con estrema gaiezza. Ma lo stesso sentimento non era contemplato dal guidatore che si accingeva a partire dal semaforo, in direzione opposta. Forse stressato dal traffico, ha pensato bene di fare un’improvvisa inversione a U (chi conosce Roma sa che è una cosa pressoché folle, in quella strada). Taglio corto, preso in pieno, moto scaraventata contro la transenna della metro e io spiaccicato sull’asfalto.
Quando prendi queste mega botte (ahimè, ne ho esperienza) si sta un gran bene fermi per terra. Tutto è caldo e tranquillo. Avverti un formicolio ovunque ma nessun dolore. Sento delle grida impazzite per la strada «L’ho ammazzato!» con relativo pianto argentino. Mi soccorre una simpatica signora (si presenta come Cristina) e mi fa un po’ di domande istigandomi a non muovermi.
«Come ti chiami?» esordisce.
«Francesco» rispondo, e sfodero un ignoto bon ton. In questi casi generalmente chiamo in appello tutti i santi del cielo, di ogni era, in perfetto slang maremmano.
«Ah, che bello. Allora sei cosciente e ragioni!» esclama contenta.
“Boh!” penso costernato “Se le avessi detto Girolamo andava bene uguale?”
«Quanti anni hai?»
“E vaffanculo. 22 da 8”
«30.» “Ma li porto un gran bene. Azzardati a dirmi che non è così, stronza.”
Sopraggiunge allora il ragazzo che mi ha ciombato.
«Scusa mi dispiace davvero!» e piange.
“Nvedidannàffanculo” è il primo pensiero. Ma ho un po’ la bocca impastata e l’individuo sembra sinceramente dispiaciuto. A parte scherzi, mi ha chiamato innumerevoli volte, anche quando ero all’ospedale. Il che mi inibisce a essere incazzato con lui. Le cavolate si fanno tutti nelle vita. E lui pensate ha 21 anni. Uno solo in meno di me. Come posso essere senza pietà?
Nel frattempo le copie di Estasia sono sparse per tutta la piazza San Giovanni. Vi giuro, non era una trovata pubblicitaria.
Morale della favola, trauma al collo (per fortuna il casco mi ha protetto) e forte contusione al coccige che mi fa scorgere ogni stella del firmamento.
Interessante e sublime la prima domanda di Mario – capite voi, aveva un’ampia scelta – «Come farai a cagare adesso?»
Gut.
Bene, eccomi qua. Acciaccato ma vivo. Tronco e malmenato per l’ennesima volta dal destino. Chiedo solo di essere lasciato in pace per un po’, mica di vincere al superenalotto.
Caro destino, nvedidannaffanculo pure te.
Ma via, perché essere così pessimisti? “Alla fine poteva andare peggio”.
Grazie a tutto il caffè e alle persone che mi sono state vicine, vi voglio bene.