Multiversum – Patrignani

Sotto il cappello comunemente chiamato fantastico, esiste il genere fantasy che molti – in modo piuttosto ignorante nonché superficiale – riconducono a maghi, folletti e fate sfigate. Nascosto in un altro angolo di questo cappello si trova l’horror, che in pochi riconducono a un King ma più spesso alla tipica casa stregata dove fantasmi e bambine indemoniate uccidono in modo splatter tutti i nostri amati e sfigati protagonisti. Infine, tanto per chiudere il cerchio, c’è anche la fantascienza, che ovviamente implica astronavi zeppe di alieni superintelligenti pronti a colonizzare la terra (sfigata, ovviamente).

Definizioni anni ’80, non c’è che dire.

Il genere della fantascienza si è evoluto negli anni in una miriade di forme e sottogeneri. Il libro di Leonardo Patrignani, Multiversum, che esce proprio oggi in libreria, ne è un tipico esempio. Una fantascienza fresca, che commistiona più generi e si allontana dai modelli alla Dick/Asimov avvicinandosi a qualcosa di nuovo e più contemporaneo.

In Multiversum si parla di universi paralleli. Chi, come me ha amato Fringe & Inception & similia, non poteva lasciarselo sfuggire. Di cosa tratta il romanzo? Pochi cenni, evitando gli spoiler.

Alex e Jenny, un ragazzo di Milano e una ragazza che vive in Australia, da anni riescono a contattarsi con il pensiero, finché non decidono di incontrarsi. Ma, nel momento in cui stanno per darsi finalmente la mano, qualcosa si frappone fra di loro. Il nulla, una sottile linea impalpabile che separa le due dimensioni parallele in cui vivono.

Non vi svelo la trama , perché rappresenta il punti forti del romanzo. Vi consiglio di leggerlo, se il genere è nelle vostre corde, perché per me è stata una piacevole scoperta e lettura. Fresco lo stile, ottime le idee e geniale il finale.

Un buon esordio per Leonardo Patrignani. Buona lettura.

MDNA, il ritorno di Madonna – recensione

 Ecco i miei due cents sull’ultimo album di Madonna. Un’impressione a caldo, non vuole essere un update della biografia Mad for Madonna.

Ho ascoltato il leak, adesso ho l’album Deluxe acquistato. Iniziamo subito con la conclusione: MDNA, il dodicesimo album di Madonna, record di 50 paesi #1 solo in prevendita, è un ottimo album. E’ il concentrato del DNA di Madonna che, libera dalla Warner, concentra in un solo album un miscuglio di stili e tendenze che riescono però ad amalgamarsi perfettamente. Dance pura che vira sull’house, ballate romantiche, rap, suoni sperimentali, minimalismo elettro-pop.

Madonna è tornata. L’album vibra di rabbia, di dolore per il divorzio con il marito, di desiderio di ballare. La nostalgia di I Fucked Up, trainata da Masterpiece e Falling Free, sfuma nella spensieratezza leggera di Superstar e Give Me Your Luvin’, per poi aumentare il battito con Turn Up The Radio e Girl Gone Wild, drogarsi di house in I’m Addicted e graffiare con Gang Bang. Una commistione di generi e produttori che avrebbero potuto bissare il caos di Hard Candy, e che invece confezionano un album complesso e sfaccettato, sfrontato e audace, nell’esorcismo finale di Madonna che, dopo quattro anni, torna a puntualizzare con ironia quanto di più scontato: There’s only one queen, and that’s Madonna.

Girl Gone Wild: Il secondo singolo dell’album, già accompagnato da un video b/w in cui Madonna cita se stessa e si riprende lo scettro della paladina del mondo gay. Una canzone orecchiabile, ballabile, ma non il pezzo migliore dell’album, con un Benassi non al top. Anzi, si tende a skippare in confronto alle altre. Pessima scelta di averla fatta uscire come secondo singolo. Voto: 6

Gang Bang: La perla dell’album. Un ritmo martellante e cupo che si trasforma nel bridge mentre Madonna urla Over and Over, drive bitch. Un piccolo capolavoro d’avanguardia, il tocco di Orbit è inconfondibile. Manca solo un video crudo per chiudere il cerchio, e lo spero davvero. Gang Bang non passa inosservata. Voto: 9

I’m Addicted: I Demolition Crew trasformano la Madonna più house che abbiamo mai conosciuto, con una canzone che prende sempre più man mano che si ascolta. Un caos di suoni che si incastra perfettamente nell’album. Ipnotico. Voto: 7,5

Turn Up The Radio: Torna la voce di Madonna, limpida e chiara, si abbassano di poco i toni dance per quello che poteva essere un perfetto singolo commerciale per inaugurare l’album. L’impronta di Solveig è un po’ troppo presente e tende forse  a oscurare la creatività di Madonna, ma è sicuramente una traccia divertente. Voto: 6,5

Give me your luvin’: Ci ho provato. L’ho ascoltata più volte. Ho tentato di farmela piacere a ogni costo. Non c’è stato verso. Continua a essere una canzone insulsa, inimmaginabile come lead song dell’album.Una pessima scelta. Si riprende solo grazie a un video ben fatto, finalmente dopo anni che Madonna ci aveva abituato a performance sui video piuttosto zoppicanti. Ma rimane quella che è. Una canzone da dimenticare. Voto: 4

Some Girls: Una delle canzoni forse più deboli dell’album, di difficile ascolto. Rimane poco impressa, con un sound che non mi ha convinto. Voto: 5

Superstar: la figlia Lola canta nel coro, e la mamma Madonna si diverte con una canzone spensierata, senza pretese, solo per divertire. Ottimo l’intento, e perfettamente riuscita come Madonna ha saputo fare in passato con pezzi stile Cherish. Scomoda pure Marlon Brando, James Dean, Travolta e Bruce Lee. Ci piace. Voto: 6,5

I’ dont give A: Madonna strizza l’occhio all’America con il rap di Nicki Minaj, un pezzo che funziona e prende subito. Arriva la prima stoccata all’ex-marito Guy Ritchie, e Madonna non ci va sul sottile. Poi ci pensa la Minaj, con un finale dai suoni epici a ricordarci il semplice concetto:

Un simpatico modo per salutare con la manina Lady Gaga, consigliandole una serata di shopping per comprarsi un’altra parrucca. Voto: 7.5

I’m a Sinner: un’altra sorpresa dell’album, con sonorità Sixties e un testo che convince. Torna la Madonna peccatrice, tira giù tutti i santi (da San Sebastiano, alla Madonna, a San Cristoforo e immancabile il Gesù Cristo). Orbit confeziona tutto alla perfezione. Voto: 7

Love Spent: Ed è ancora Orbit a soprenderci, con una canzone (anzi quasi un mash-up di due pezzi distinti) che diventa uno dei pezzi migliori dell’album. Suono ricercato, testo azzeccato, la voce di Madonna torna a padroneggiare. Voto: 8,5

Masterpiece: Cos’altro si deve aggiungere a una canzone che ascoltiamo da mesi e che ha vinto il Golden Globe? Un testo perfetto, per una Madonna che si confronta con la sua opera d’arte. Avrei voluto solo un bridge di suoni nella seconda metà per rendere il tutto più complesso e archeggiato. Madonna ha scelto il sound minimalista, e anche così convince. Voto: 9

Falling Free: l’ultimo pezzo del DNA di Madonna è una ballata romantica, con una sonorità/modulazione della voce alla Evita. Il pezzo è molto buono, ma non riesce a prendermi del tutto. Forse mi serviranno più ascolti? Voto: 6

Beautiful Killer: Come se 12 canzoni non fossero sufficienti, il secondo disco Deluxe torna alla dance. Battiti dimezzati, non di certo l’house, con un testo che vira sull’amore e sulla morte. Non male, ma anche qui serve un po’ di rodaggio. Voto: 6

I Fucked Up: Un’altra perla, che non merita la deluxe ma il primo disco (magari al posto di Some Girls?). Voce di Madonna profonda, così come il testo. Ritmo mid-tempo che sale nel bridge finale, chiudendo una canzone affatto scontata. Madonna confessa i suoi errori nel matrimonio, si augura un ritorno del marito, un giorno. Per poi sorprenderci con un “or not” finale. Voto: 8 

B-Day Song: Ecco. Questa è decisamente una canzone da B-side, più che una Birthday song. Canzone allegra, spensierata, che si dimentica facilmente. Un bel riempitivo, insomma. Voto: 5

Best Friend: Torna ancora Benassi, con un pezzo dal sound elettro sound che convince. Madonna ci parla dell’amicizia e del dolore della perdita. Voto: 6,5

E così termina MDNA. Uno dei migliori album dall’epoca di Ray of Light, che gareggia senza difficoltà con il Confession. Aspettando, ovviamente, che Madonna ci sorprenda con i suoi tre concerti in Italia.

Bentornata, regina.

Bookfair Bologna

Sono 4 o 5 anni che partecipo alla fiera del libro di Bologna. Quest’anno toccata e fuga, il tipico andi-riandi in giornata. Un’occasione per rivedere amici, colleghi, agenti ed editor. Stavolta anche per definire gli ultimi dettagli per Muses. Ci siamo, quasi. Dopo Pasqua inizieremo a parlare di ‘sto libro, per bene. Sto definendo anche un tour promozionale, che toccherà diverse città del nord e centro Italia tra maggio e settembre.

Per adesso vi lascio con un’immagine scattata dal nuovo catalogo Mondadori, dove ho nascosto la cover. Non è – solo – cattiveria allo stato puro: la copertina è ancora in via di definizione. Insomma, la vedrete una volta terminata. Ma mi sta già piacendo molto.

Un grosso in bocca al lupo a Leonardo Patrignani, in uscita fra pochi giorni con il suo Multiversum. Un libro che mi è piaciuto molto, ne riparleremo.

Second Tattoo

Decisi di farmi il primo tatuaggio circa sei anni fa. In un periodo, chiamiamolo mistico, scelsi questo simbolo, tra le scapole sotto la nuca. Amo i tatuaggi, purché non siano invasivi e soprattutto in zone che non siano sempre esposte. Gusti opinabili, ci mancherebbe.

Un mese fa ho deciso di farmene un altro. Lo vedete a sinistra, è una chiave di violino con un pentagramma avvolto.

C’è un significato? Non credo che un tatuaggio debba per forza significare qualcosa. Vade retro iniziali o nomi di fidanzati, per esempio. E non ci vedo nulla di male se è un semplice tribale o un disegno, quando ci piace.

Nel mio caso però è diverso. Questo tatuaggio ha un significato profondo. Nacque mentre scrivevo Muses, è finito direttamente nelle sue pagine. Ma non rappresenta Muses, ma alcune parti, scene, accenni in esso contenuti. Motivazioni che, essendo troppo personali, non le renderò pubbliche.

Per il resto, aspetto la guarigione, neppure troppo dolorosa.

Buona giornata, miei cari.

MDNA, Firenze, 25 marzo all’Otel

Si tratta di un evento diverso dal solito, almeno per me. Niente presentazioni di libri, ma una serata all’insegna della disco per il Madonna Night, all’Otel di Firenze, il 25 marzo ore 23.

Sarò presente nelle vesti di… giurato, per un simpatico concorso indetto dalla FNAC e RDF. Insomma, aspettando l’uscita di MDNA in allegria, divertendoci un po’ e uscendo dai canoni.

Giurato di cosa? Trovate tutti i dettagli nell’evento Facebook: LINK.

Per il resto, uno “snippet” da Muses: in un capitolo ci sarà un omaggio a Masterpiece.

Allora, popolo di Firenze e dintorni, che aspettate a venire?

Muses – Mondadori – May 2012

Visto che ormai la notizia non è più un segreto e gira da diverso tempo su internet, vi rivelo il titolo e l’editore del mio prossimo romanzo.

Muses. Mondadori Editore. A maggio, di quest’anno.

Per il resto, anticipazioni e notizie qui e su Facebook Page. Domani parliamo di un’altra M e di un evento speciale organizzato per il 25 marzo, per gli amici fiorentini.

Buon inizio settimana!

Evoluzione negli ebook

Tornato in me dopo la sconfitta del maledetto virus, ho dato un’occhiata alla rete.

Ho trovato interessante il post di Sandrone Dazieri, circa l’esperienza di autopubblicazione di un suo libro sullo store Amazon. Leggete l’articolo, perché più o meno riporta le stesse conclusioni che avevo ipotizzato diversi mesi fa, quando in rete si (s)parlava della rivoluzione digitale degli ebook, della morte dell’editoria classica e via dicendo.

Ancora più interessante è il raffronto Italia – US (ma poteva essere pure UK), e difatti la sostanza cambia di poco.

Confusione. Oggi come oggi gli store (da Amazon a iBooks) non sono altro che un grande calderone di caos editoriale, dove autopubblicati e pubblicati sgomitano per alzare il proprio rank, ottenere una dannata visibilità, inventarsi recensioni fasulle e affossare il prossimo. Scusate, non vedo quale rivoluzione sia quella digitale, mi pare in tutto e per tutto una situazione identica a quella cartacea. La visibilità in questo caso è sugli scaffali in libreria – decisa più o meno dagli editori – nell’altro… idem. Perché conterà (come avevo più volte detto) la visibilità. Visibilità che difficilmente si otterrà senza un supporto ben definito (leggasi budget e soldi) e, a parte le stelle comete e le naturali eccezioni, il passaparola è difficile da innescare, specialmente per un esordiente il cui nome non è un marchio. Tanto meno valgono i trucchetti vecchi come il mondo (alias, finte identità, nickname, spam galattico eccetera eccetera). Utili, forse, ma solo per coloro che possiedono 40 ore in una giornata e che inseguono sogni di vanagloria che, prima o poi, la noia costringerà all’eutanasia.

Concordo appieno con le conclusioni di Sandrone sul futuro dell’editoria digitale e sulle librerie, putroppo. Un po’ meno sulla tempistica: resto convinto che una forte penetrazione dell’ebook sarà possibile solo quando i lettori saranno educati, fin dall’età scolare. 3 anni sono pochi, anche per raggiungere un misero 10%.

E, infine, sono d’accordo con le considerazioni sulle (poche) chance che l’era digitile porterà agli esordienti. E sì, anch’io penso che decreterà la fine dell’editoria a pagamento. Alleluia, direi.

Per la cronaca, Prodigium adesso è sull’iBook Store, per chi apprezza la mela.