1Q84 Murakami

Le mie letture del 2012 iniziano con Murakami Haruki e il suo nuovo famoso libro 1Q84. Le mie stelline, ammesso che servano a qualcosa e ne dubito, su Anobii sono state 4/5. Un 4 derivante da un’attesa per il terzo volume, soprattutto.

Allora, piccola premessa. Nuovo post impopolare, che non mi darà la carta d’accesso all’Olimpo intellettuale del fantastico ma, come sempre, chissenefrega. Il punto è molto semplice, quando un libro è urlato come capolavoro, le mie attese sono elevate. Molto elevate. 1Q84 è senza dubbio un buon libro, Murakami un autore di rilievo, ma dal mio punto di vista 1Q84 non è un capolavoro. Un buon libro nel panorama della letteratura contemporanea, una storia interessante da leggere, un valido esempio di come può essere il fantastico per adulti.

Ho amato i personaggi di Aomame e Fukaeri. Li ho amati per le prime 400 pagine, ma non sono riusciti a convincermi per le successive 300. Forse è stata la frattura dal realistico al fantastico, un sense of wonder che, seppur in modo graduale, ha ingessato queste due protagoniste che avevano tutte le carte in regola per mostrare altre sfaccettature. Tengo, invece, lo ritengo un personaggio mal riuscito. Non ho provato nessuna emozione né entusiasmo nel leggere le sue vicende. La struttura a doppio POV alternato nei capitoli non aiuta. E’ stata una scelta strutturale che anch’io ho fatto in alcuni miei libri, e sono cosciente dei limiti che comporta.

La storia, invece, almeno la parte realistica è avvincente e ben riuscita. Insomma, è già un grande pregio poter leggere più di 700 pagine senza mai stancarsi. E sono pochi gli autori che ci riescono, come King per esempio. La parte surreale-fantastica per adesso è piuttosto nebulosa. I Little People, i concetti di mother-daughter e receiver-perceiver, a volte stridono. Dalle definizioni, alla scelta dell’inglese dei nomi, a una rappresentazione a mio avviso un po’ forzata. Idem per la crisalide d’aria, che poteva essere sfruttata meglio. Nell’impianto generale del libro creano tuttavia attesa e curiosità. Elementi che spero siano ben delineati nel prossimo volume.

Purtroppo ciò che non mi ha convinto e non mi ha permesso di godere appieno di questo libro sono state alcune scelte stilistiche. Ne riportai una su facebook, ma facciamo attenzione. Non voglio trovare il pelo nell’uovo, né sezionare il libro frase per frase. Ma chissenefrega, sono solo un lettore che vuole leggere una bella storia. Ma, d’altro canto, lo stile non è un valore aggiunto opzionale, è la ciccia che sta sopra le ossa del romanzo. Sfumuture stilistiche di impronta nipponica, o del tratteggio di Murakami, che però mi hanno distratto dalla lettura e interrotto dalla full immersion. Così come i dialoghi, dove spesso Murakami abusa nella ripetizione delle parole tra gli interlocutori e che, a lungo andare, imbambola i personaggi.

Nel complesso 1q84 è un libro che ho apprezzato per l’originalità del fantastico, il taglio, e la sua indubbia capacità visionaria. Attendo con curiosità il terzo e ultimo volume, nel frattempo continuerò a leggere altro di questo autore.

Dal week end

Ieri pomeriggio sono andato a vedere quello che era definito “il musical fantasy dell’anno”. Avevo trovato un biglietto scontato del 50%, per cui ho deciso di provare senza troppo informarmi. Perché già quel 3D live che leggete nella locandina è una menzogna. Oggi, quando parliamo di 3D, intendiamo la terza dimensione, così come ci ha abituati il cinema. Invece il 3D dell’Arca di Giada è semplicemente una proiezione 2D con elementi 3D ricostruiti al computer (tipo Shrek, per intenderci con poche parole). Pace, mi ero informato male, e il marketing furbo mi ha fregato.

Per il resto? Per il resto è il peggior musical che abbia mai visto. Non ho capito la storia (e neppure nessuno dei miei vicini di posto, quindi non sono io l’idiota). Per quel poco che ho compreso, il solito fantasy condito dei più triti cliché di cerca, fanciulla rapita, talismano magico. Bene e male, bianco e nero, ancora nella salsa più vecchia e abusata del mondo. Nel 2012, mi spiace, è il flop più flop del mondo. Oltre che rafforzare il concetto che questo sia il fantastico, seppur non letterario, ai giorni nostri. Noi scrittori e lettori appassionati di fantastico ci lamentiamo che il genere sia considerato di serie B, relegato ai soliti preconcetti. Purtroppo queste rappresentazioni non giocano a nostro favore. Proprio per niente.

E poi? Un’acustica terribile. Delle canzoni inascoltabili, qualche cantante stonato. Si salvano invece la coreografia e i ballerini, davvero bravi, e una scenografia alla fine accattivante. Che non sono bastati per evitare uno sbadiglio prolungato per quasi due ore.

Cambio di argomento. In maniera brutale.

Ho seguito la tragica vicenda del naufragio vicino all’isola del Giglio da internet e dai notiziari. Inutile che aggiunga parole e commenti a una delle tragedie più terribili, per il nostro paese, negli ultimi anni. Una vicenda che ha il sapore dell’impossibile, dell’evento che non può più accadere al giorno d’oggi, ma che è solo un ricordo o un film ambientato nel 1912.

Strana, cinica e assurda la sorte, che 100 anni dopo ripresenta quello stesso evento, seppur con conseguenze meno devastanti. Ancora più sconvolgente, per me, che sia capitato proprio all’isola del Giglio, così vicina alla mia città natale.

Un party di terrore

Siamo già a venerdì. Settimana più veloce del previsto.

Comunicazione flash, per chi è di Roma e dintorni.

Domani, alle ore 19, sarò presente all’evento che vedete a sinistra “Terrore italiano Horror Party” e già il nome mi spaventa. Comunque, il mio intervento riguarderà principalmente la mia produzione gotica, il mio racconto “Halo” presente sul prossimo numero della rivista Weird Tales, ma anche qualche indiscrezione sul mio prossimo libro che uscirà a maggio.

Verba volant, quindi si sparlotterà anche di quello.

Scapperò alle 21 per un impegno, ma ci saranno molti altri interventi che potete visionare con tutti i dettagli QUI.

Un buon week end, mates.

Sul fantasy. Sugli esordienti. Sui perché.

Mi capita spesso di leggere manoscritti di esordienti. Non più in maniera privata perché non ho più tempo, ma per agenzie ed editori. Ecco, alcune volte rimango basito. E non poco.

Un esempio di sinossi.

Il libro parla di un mondo parallelo, con riferimenti alle note saghe di Tolkien e al mondo del medioevo. Dopo un lungo periodo di pace, il mondo di *** sta per essere devastato da una terribile guerra. Il Re *** ha appena perso il suo primogenito a causa di una grave malattia, i regni confinanti sono pronti ad attaccarlo per ottenere il suo potere. Quando la principessa *** viene rapita dal temibile ***, la guerra si scatena. Il Re allora stipula un patto con lo stregone *** affinché lo aiuti a vincere la battaglia contro ***, il figlio del Re del Male. Ma quest’ultimo ha mezzi ben più terribili per spazzare via il potere di ***, grazie a un esercito forgiato dalla magia nera del Signore dei Draghi ***. La principessa rapita, però, presto si innamorerà del nipote di ***, e le sorti della battaglia si ribalteranno ancora una volta, fino all’imprevedibile finale.

Me lo sono inventato, ovviamente. Sostituite agli *** le parole più incomprensibili e impronunciabili che vi vengono in mente. Aggiungete qualche altro sprizzo di fantasia, se ci riuscite. Alla fine otterrete una delle centinaia di sinossi che arrivano agli editori ogni giorno.

Ecco, adesso domandatevi perché un libro così non funziona, e perché viene cestinato senza neppure aprire la prima pagina.  Spesso rinunciando a notare come magari l’autore era bravo, almeno a livello stilistico. Eliminate per un momento, se ci riuscite, ogni preconcetto di complotto, mazzetta, spinta e armageddon. Perché, vi assicuro, ci sono agenzie ed editori che farebbero salti mortali per trovare una storia nuova, fresca, diversa.

A questo punto chiediamoci se quest’autore ama il suo stesso libro. Perché, come sarebbe ovvio e giusto, uno scrittore dovrebbe scrivere ciò che gli piacerebbe poter leggere. Ora, vista la mole di romanzi di questo tipo, ne segue un bacino immenso di lettori di fantasy classico, high fantasy, S&S. Chiamatelo come vi pare. I numeri in libreria, eccezion fatta per Martin e pochi altri, non confermano questa tendenza. Tutt’altro. Quindi, se 1+1=2, questi esordienti scrivono un genere che poi non leggono (oppure, cosa ancor più frequente, non leggono proprio). Infine (della serie al peggio non c’è fine) sarebbero portati per il thriller o il chicklit, ma un’essenza ultraterrena gli ha fatto credere che il fantasy venda.

Prescindendo da logiche di mercato e di moda di generi e sottogeneri, diverse cose non tornano. Sono più propenso a pensare che ci sia un deficit di amore per  la propria storia. Deficit o totale assenza. Siamo alle solite, quindi. L’illusione di una fama o di una ricchezza. L’inganno dei media che spingono a credere al successo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, di Harry Potter o di Twilight. Spingono a un’emulazione con una storia che non gli appartiene.

Ed ecco il disastro.

Rovescio della medaglia. In un periodo in cui trovare una collocazione per l’high fantasy è molto, molto difficile, è anche sbagliato negare l’esistenza di autori che amano questo genere. E che potrebbero scrivere storie davvero interessanti. Una possibilità che però sarebbe potenzialmente negata da un fattore commerciale, e di pubblico. Il consiglio, in tal caso, è di attendere. Lasciare il romanzo nel cassetto, se veramente lo riteniamo valido, rifiutare pubblicazioni a pagamento. Aspettare che torni la buona luna. Perché l’editoria funziona così, basta guardarci attorno. Tipo una sinusoide.

Ma, prima di tutte queste congetture (che tali sono e tali restano) serve forse un esame di coscienza. In primis, scritto lo scheletro di una storia, dobbiamo domandarci se siamo stati onesti. Se questo è il primo libro che compreremo appena varcata la soglia di una libreria.

Già. A proposito. Perché di questi tempi entrare in libreria sarebbe già un bel passo in avanti.

Facebook e l’antifacebook

Facebook e anti-Facebook. Social e anti-social. Questo è il problema. O anche no.

Mi sto accorgendo però che ultimamente molte persone si stanno allontanando dai social, o diverse che hanno deciso di starne fuori fin  dall’inizio per motivi di privacy. Ed è la privacy proprio il punto debole e forte di Facebook che con la sua Timeline cerca di recuperare ciò che gli manca: ossia il gap pre-Facebook era. Infatti la nuova versione – che tutto sommato a me non dispiace – ci invita a riempire questo spazio vuoto, segnalando tutto ciò che ci è successo dalla nostra nascita fino alla comparsa di Facebook. Operazione che, a mio avviso, avrà poco successo.

Ci ragionavo, tuttavia. Il Facebook di oggi, per quanto mi riguarda, mostra un 10% di ciò che sono e che faccio. Ed è il 10% di ciò che io voglio mettere in mostra e condividere, con svariati filtri e versioni a seconda dei miei gruppi. Il diario personale, che dovrebbe tracciare tutto ciò che facciamo, non sarà mai la vera timeline della nostra vita. Non riuscirà mai a costringerci a rendere pubblico l’impubblicabile. Mostrerà solo una parte di noi, una maschera, una particolare versione che abbiamo desiderato costruire. Una fiction della nostro essere, spesso mistificato.

E credo sia giusto così. Tra cavolate, discussioni interessanti, rapidi status, la nostra vita rimarrà comunque privata.

Idem per gli avversari di Facebook, come Google + che non è mai decollato, o il prossimo SOCL di Microsoft – a mio avviso un flop già prima di nascere.

Però, resta il Facebook hub, il punto di ritrovo, la distrazione, la curiosità, il reality virtuale. Un social che si sta pian piano spostando verso l’epoca web 3.0, dove il geo-tag, il geo-social, la geo-chat faranno da padroni. Sempre più rapidi, concisi, sempre con minor tempo a disposizione, tanto che i tweet di 160 caratteri saranno un’epopea al confronto. Sempre più virtuali e irreali, gonfiati e inesistenti, fino a quando anche quest’abitudine ci verrà a noia e le tendenze cambieranno di nuovo.

Funziona così nel mondo di internet e in quello delle comunicazioni. Con la differenza che le marce adesso sono ridotte, e tutto cambia molto più rapidamente.

E poi? Staremo a vedere.

Intervista su Weird Tales

Ferie agli sgoccioli, lunedì si torna a lavoro. Prima di augurarvi una buona Befana, tanto per continuare a mettere su ciccia e carie, vi lascio il link a un’intervista apparsa oggi sul sito di Weird Tales Italia.

Si discute sul fantasy, nostrano e non, con qualche anticipazione sui miei progetti per il 2012.

Sempre per Weird Tales Italia, la rivista cartacea stavolta, presto uscirà un mio racconto per l’appunto di genere weird. Stay tuned.

LINK INTERVISTA

Videointervista a Lucca Comics

Passato un buon ultimo dell’anno?

Si ritorna in carreggiata, mentre procede l’editing del mio prossimo libro. Pian piano, ogni tanto, vi darò qualche dettaglio e piccoli indizi.

Tornando a cose meno “velate”, oggi è online la recensione e la videointervista su Evelyn Starr che fu registrata a Lucca Comics and Games. Una videointervista… sopra le righe, diciamo così 😉

Ecco il LINK.

A presto!