Editoria italiana vs straniera

Leggendo alcuni commenti in rete, percepisco un pensiero piuttosto comune che si può riassumere nei seguenti concetti:

  1. In Italia è praticamente impossibile pubblicare se sei un esordiente
  2. In Italia non arrivi alle grandi case editrici se non hai un aggancio o una spinta
  3. In Italia gli autori sono maltrattati dagli editori, spolpati quando possibile
  4. In Italia gli editori non hanno intenzione di  far crescere i propri autori, ma solo creare il caso editoriale a fine speculativo

Luoghi comuni? Certo. Il che implica che ci sia del vero e del falso. Come sempre.

 

Ora, non voglio sindacare ciascun punto, l’ho già fatto in passato riportandovi la mia esperienza che, seppur piccola, riguarda 5 editori di media grandezza in quasi 5 anni. Ma non sopporto i piagnistei all’italiana, in cui tutto si riduce al motto: si sa, siamo in Italia! Se fossimo all’estero invece…

Se fossimo all’estero, invece, la situazione non sarebbe così rosea. Ovvio, ogni paese ha il proprio mercato editoriale, differente da quello italiano. Peggio sotto alcuni aspetti, migliore in altri.

Ma leggiamoci anche l’ultimo articolo di Fabio Deotto su Repubblica, in merito alla Full Fathom Five, una content factory creata dall’autore James Frey. Ecco, leggiamo con attenzione, perché anche nella gloriosa america gli esordienti devono farsi il “culo tanto” per arrivare a pubblicare. Sottopagati, sfruttati, marchiati con un bello pseudonimo che in Italia piace tanto per l’esterofilia dilagante. Quindi, come fare? Semplice. Lamentarsi, inveire, offendere, perdere tempo a indagare su presunte cospirazioni non serve a un tubo.

  • Punto uno: essere convinti che il proprio lavoro sia ben fatto. E questo punto è un baratro X che quasi inghiotte anche il numero 2, 3 e 4. Perché, si sa, l’autore preferisce tagliarsi un braccio che tagliare il proprio testo.
  • Punto due + X: Inviare il testo. Aspettare le risposte. Cestinare senza lacrime le preimpostate, ragionare su quelle più articolate (rare, e farlo sempre dopo aver sbattuto la testa sette volte contro lo spigolo del letto. Il dolore annebbia la mente e l’orgoglio).
  • Punto tre + X: Arrivata la risposta positiva, capire se il contratto prevede sborso di quattrini. Su, non siete degli idioti. Pagare l’editing, comprare delle copie, eccetera eccetera sono dei modi fantasiosi per incularvi. Full stop.
  • Punto quattro + X: scegliere la strada degli agenti e della content factory. Scelta che condivido, qualora voi non sborsiate neppure un cent per la fantasmagorica scheda di lettura. Che vadano a quel paese loro e la scheda.

E se mi chiedono di fare il ghost? Di affibbiarmi uno pseudonimo? Vostra scelta. Non c’è nulla di male, ma cercate di indagare sull’onestà intellettuale dell’agenzia. Quanti prima di voi hanno seguito quella strada? Per quanto tempo? Quanto hanno guadagnato? Perché sì, dire che lo “scrittore è un mestiere” non è una vergogna. Commento stupido? Non direi. Non sapete quante volte ho sentite le persone sostenere (magari in modo non troppo esplicito) che gli scrittori sono dei fannulloni, dovrebbero scribacchiare nel tempo libero e trovarsi un vero lavoro con il quale sudarsi lo stipendio.

Risposta? Fornitegli  la google maps per quel posto dove non batte mai il sole.

Infine,  non crediate che questo sia un trampolino di lancio, è magari un modo per imparare a lavorare in un team e apprendere  qualcosa che non conoscevate. Il che non è affatto un male, ma poi occorre capire quando è giunto il momento di cambiare strada e camminare con le proprie gambe. Essere onesti con se stessi. E’ più importante la passione nella scrittura o il Dio Quattrino?

Fate vobis.

 

No, non è l’Italia. Funziona così in tutto il mondo.

Buon risveglio.

Evoluzione

Segnalo subito la recensione dell’Aurora delle Streghe  sul sito EvidenzaLibri.

 

Venendo all’oggetto del post: Evoluzione. Non quella darwiniana, neppure quella di Ellen in Nemesis. Ci riflettevo oggi, durante i miei consueti 20 chilometri di moto per arrivare a lavoro, a valle della nona puntata di Dexter di ieri sera, quinta serie.

Ora, mi pare che vi abbia già accennato che adoro questa serie. Perché Dexter è un personaggio straordinario, che gli autori hanno creato donandogli un’introspezione unica. Bene, non è l’unico direte voi. Pensiamo al Dottor House, è sicuramente un protagonista che non passa osservato, ma c’è una differenza sostanziale. Dottor House, di serie in serie, è piatto. Una volta capito il suo carattere, è alquanto prevedibile. Insomma, incasellato per quanto divertente nella sua acida insofferenza e battute al vetriolo.

Dexter non è così. Nato nel sangue, cresciuto con il desiderio di uccidere, sociopatico, incapace di instaurare delle relazioni con le persone, con un rapporto conflittuale verso il padre e le donne. Questo lo sappiamo dalla prima serie, e naturalmente lo ritroviamo anche in seguito, per un ovvio motivo di coerenza. Finisce qua? Manco per sogno. In ogni puntata gli sceneggiatori ci svelano un pezzo in più di Dexter. Come in un puzzle, il suo carattere complesso assume tridimensionalità. Motivo? Esperienze, evoluzioni, nuovi drammi da superare che mettono in gioco il protagonista, lasciandoci scoprire lati del suo modo di essere che non conoscevamo. E che non conosceva neppure lui.

 

Evoluzione, esatto. Perché l’autore non deve darci il ben servito dopo poche battute e sentirsi a posto con la coscienza. Il protagonista cresce, mostra se stesso in delle particolari situazioni, rivela sfaccettature che non conoscevamo. E, come dicevo sopra, spesso si trova ad affrontare situazioni estreme reagendo in un modo che neppure lui avrebbe previsto. Finzione della realtà, così si chiama.

Evoluzione anche nei libri, quindi. Specialmente quando si decide di scrivere un seguito. Nuova trama, nuova storia. Stessi personaggi con i medesimi caratteri, ma qualcosa è irrimediabilmente cambiato o sta per cambiare.

Goodreads and Bedreads

Dunque, ultimamente ho rivisto spesso in TV la pubblicità del Gruppo Albatros Editore, che (senza spiegare i dettagli più scomodi, ossia i contratti a pagamento) invita i neoscrittori a inviare il loro libro nel cassetto. Puff! E il sogno si avvera. Per tutti. Ovviamente. Basta pagare.

Per chi non conoscesse il Gruppo Albatros, legga il mio post di qualche mese addietro.

 

Tornando invece alle buone letture, vi segnalo un sito che conosco da pochi giorni. Si chiama GoodReads, in pratica è un sito “social” dedicato ai libri. Un po’ come Anobii, direte voi. In effetti lo è, ma è strutturato decisamente meglio.

In primis, il sito funziona. Non come Anobii che è affetto da continui problemi. Poi è molto più dinamico, e consente di creare la pagina autore. Ecco qui la mia, che aveva già inserito Marika (thanx ;)) e che ho completato. C’è la possibilità di inserire le Q&A (le famose questions & answers), sondaggi, giveaways di libri, video, eventi/incontri. C’è anche la possibilità di scrivere qualcosa per i lettori, o importare i feed del proprio blog.

Insomma, un modo decisamente più dinamico per stare in contatto con i lettori. Cosa che manca assolutamente ad Anobii, dove l’interazione è limitata ai gruppi, che non amo particolarmente. Troppo confusionari, privi di moderazione.

Infine, GoodReads permette l’acquisto degli ebook, qualora fossero caricati (dall’autore o dall’editore).

Neo? Sì, per adesso non esiste la localizzazione in italiano. Ma credo sia questione di tempo. E manca ancora qualche libro.

Domanda finale: come importare la libreria di Anobii su Goodreads? Qui la guida, anche se io personalmente ho avuto qualche problemino…

Ritorno a Dublino, recensione e link

Post rapido, di ritorno da Dublino per il meeting su MeeGo.

Donc, era la prima volta che andavo in Irlanda, e ne sono rimasto totalmente affascinato. Non ho ovviamente avuto tempo di visitare Dublino, se non qualche scorcio dal taxi e la visita alla Guiness StoreHouse, con tanto di Gravity Bar, come sapete se avete seguito i miei feed su Twitter e Facebook.

Mi riprometto di farlo la prossima estate, magari un bel viaggio che comprenda anche l’Irlanda del nord e la Scozia, perché sono luoghi davvero affascinanti. Fra l’altro, location perfette per qualche mio libro.

 

 

Sempre per rimanere in tema “terre del nord”, ecco una recensione di Nemesis su Readersbench.

 

Infine, ricordate il post sulla Legge Levi che vi raccontai quest’estate?

Nuovi aggiornamenti e informazioni interessanti sul sito della Lipperini.

Dublino e Sick Girl

Un saluto dalla fredda Dublino, dove mi trovo per lavoro. Stavolta niente Helsinki, alleluja.

Vi lascio in compagnia di un’intervista su Sick Girk (QUI), ci sono molte cose carine e sorprese.

Buona settimana!

Intervista House of Books

Notizia flash, rapida e indolore. Un’intervista su House of Books. La trovate qui.

Leggetela, ci sono cosette nuove e interessanti 😉

Grazie a Daze per la disponibilità, insieme a tutto lo staff di House of Books.

Buona serata!

Quando il comodino fa crack

Ieri sera ho terminato la lettura di Wunderkind, scritto dal tipo wunder-bisbetico del nord, al secolo noto come GL D’Andrea. Donc, mi aspettavo un romanzo totalmente differente, sebbene fossi preparato all’idea di un horror. Scrittura scorrevole, affatto pompo-barocca come ho letto in giro, con delle ottime idee (i Rarefatti in primis, ma anche tutto il Wunder-immaginario del wunder-mondo). Il punto debole? La reticenza. Tocca leggere gli altri libri per scoprire altri dettagli del Wunder/Kid. Ma, soprattutto, interessante è il secondo piano di lettura. Non sempre facile da individuare, ergo il libro impone la tua attenzione.

Come il comodino della mia camera che, oltre a imporre la mia attenzione, chiede pietà. Senza considerare la ventina di titoli che ho sull’iPad, ma almeno quelli non pesano.  Be’, comprare libri è una mania, colpa anche della recente Lucca Comics&Games. Ora mi getto un po’ sul gotico di Barbara Baraldi, per poi tornare alla letteratura per ragazzi. Ah, ho anche qualche libro mainstream che stuzzica la mia curiosità.

Direi che fino a Natale sono off-limit :p Vi prego, non segnalatemi altri libri, rischio di affogare 😀