Cosa sto facendo + Segnalazioni

A parte imprecare per il dolore al dente?

Ecco, se mi dite “chi se ne frega” sappiate che ci rimango male :). Quindi faccio finta di non avervi sentito.

Dunque, sto finendo l’editing per un libro di cui vi avevo già parlato qualche mese fa: tema Angeli e Demoni, ambientazione Highlands. Editing da parte dell’editore verso giugno, anteprima al Lucca Comics 2010. Con una cover da urlo, di uno dei più bravi illustratori italiani.

La vera novità è però un’altra: fra pochi giorni tornerò a scrivere. Sì, per il 2011 è previsto un nuovo libro per ragazzi. Dopo Prodigium, Gothica, L’Aurora delle Streghe e gli Angeli/Demoni, torno alle origini. Storie per ragazzi, che a mio avviso non sono affatto facili da scrivere. Per molti aspetti ancora più complesse dei libri per young adults e adulti.

Con una differenza sostanziale rispetto a Estasia: la coscienza del cammino che ho intrapreso, la crescita come scrittore. Ovviamente vi darò i dettagli molto, molto più in là. Perché ci saranno tante sorprese in merito, ve lo prometto.

Segnalazioni Flash:

Una bella iniziativa di WritersDream sulla giornata Contro l’Editoria a Pagamento. Lo sapete, li sostengo e apprezzo il loro lavoro. LINK EVENTO.

A Torino parteciperò a due tavole rotonde, al Salone (dentro il Lingotto) e fuori, al Salone Off. Trovate il primo EVENTO QUI. Poi vi darò molti altri dettagli, magari anche ludici, ma per questi aspettiamo il sostegno di Furchì, Valberici e Gianrico.

A me mi piace

Visto che oggi sono KO per una distruttiva seduta dal dentista, come qualcuno di voi ha letto sul mio profilo Facebook, passo a qualche argomento un po’ meno drammatico.

Quando iniziai a scrivere, ero convinto di avere il “pieno possesso” della lingua italiana grazie ai miei studi sulla grammatica. Ecco, dopo poche pagine capii subito che mi sbagliavo. Non ricordo più le volte che sono andato a rivedere la grammatica, aperto il dizionario, consultato un vocabolo. Infinite. Oggi, dopo 8 libri scritti, ho forse più dimestichezza, ma il Devoto Oli rimane sempre il mio fidato compagno.

A volte, tuttavia, il dizionario non basta e mi trovo costretto a cercare in rete. Spesso finisco nel sito dell’Accademia della Crusca, anche se tento di evitarlo. Perché inevitabilmente poi ci trascorro ore e ore dimenticandomi persino il motivo per cui ci ero arrivato.

Ma su quel sito si trovano un sacco di cose interessanti e divertenti. Come il famosissimo “A me mi“, che faceva alzare la matitona rossa dell’insegnante di italiano come la scure di un boia.

Giovanni Nencioni, ne “La Crusca per Voi Vol1”, afferma che:

[…] Quel costrutto che scandalizza molti come un volgare errore di grammatica e che pochi tuttavia riescono ad evitare quando parlano: “A me mi pare…”, “A me mi piace…” ecc. Sulla scorta di certe grammatiche i più lo dichiarano grecamente un pleonasmo, cioè uno di quei riempitivi o ridondanze o ripetizioni a cui l’enfasi del parlante si sente trascinata.

E anche:

E infatti è in bocca alla vecchia cui Renzo chiede consiglio sulla strada per Gorgonzola che Manzoni, nel cap. XVI dei Promessi Sposi, mette la battuta “A me mi par di sì”. A guardar bene, però, non si tratta di una ripetizione, la quale implica identità con l’elemento ripetuto, né di un riempitivo, il quale implica superfluità e inutilità. Qui si avverte bene che il primo pronome, tonico, ha più forza del secondo, atono, quindi ha un valore diverso. È sempre, certo, legato al verbo parere, ma estratto dalla frase e preposto ad essa, come “tema” del prossimo enunciato; equivale dunque a “quanto a me, per quanto ne so io” e quindi contiene maggiore informazione  del semplice complemento di termine che lo segue (mi).

Capitemi, se lo dice Manzoni… Premetto che io ADORO l’a_me_mi.

Ma se lo scrivessi in un libro l’editore mi strapperebbe il contratto in faccia, nella migliore delle ipotesi. Oppure avrei decine di lettori (sì, avete capito di quale razza) pronti a spalarmi quintali di offese addosso.

Perché a me mi non si dice. Anche  se a me mi piace un sacco.

Week end in famiglia

Questo week end sono venuti a trovarmi la mia sorella e i miei due nipotini. A sinistra una foto scattata mentre Filippo e io ce la spassavamo nella “ruota panoramica” dentro il centro commerciale. Ehm, ecco. La foto inganna.

Io ovviamente sono stato COSTRETTO a salire su quella giostra. Sono stato COSTRETTO a ridere, non perché mi divertissi, ma perché così anche Filippo rideva. Chiaro? Non vi fate strane idee.

Pomeriggio al BioParco di Roma. L’avevo già visitato, ma stavolta con i nipoti è stata dura. Solo due ore, ma sono sembrate un’eternità. Filippo che correva ovunque, rischiando ovviamente di inciampare e sbattere per terra. Le sue mete più ambite erano lo scivolo e i galli, di tutti gli altri animali non gliene fregava un tubo. Ottimo, no?

Marcello, invece, se ne stava beato nel passeggino.

Oddio, beato è un eufemismo. Perché Marcello è beato solo se lo guardi in faccia, gli sorridi, gli parli, fai le espressioni idiote, eccetera eccetera. Se ti distrai un attimo rischi che un urlo ti fori i timpani. Sono cose che succedono 🙂

Vi lascio infine una simpatica vetrina di una libreria:

Il finale di una storia

Questo post nasce da alcune email che ho ricevuto negli ultimi giorni. C’è chi mi chiede l’uscita Estasia 4, chi quando sarà pubblicato il terzo libro di Prodigium.

Ci riprovo, magari è la volta buona. Non è in previsione nessun Estasia 4 Prodigium 3. Estasia si chiude con una trilogia, Prodigium con due soli libri (come ho sempre detto, del resto).

Mano sul fuoco? No, ovviamente. Non posso sapere se fra qualche anno ci saranno le condizioni (letterarie e d’ispirazione in primis), tali da spingermi a continuare la storia. Adesso come adesso la risposta è no: finisce tutto come ho scritto.

Ecco il punto. Forse non è neppure colpa vostra, siamo tutti abituati a delle storie con un perfetto ‘happy ending. Con una chiusura chiara e palese. “Vissero felici e contenti e scomparvero nella luce del tramonto”. Oppure “una bella bomba atomica che rade al suolo tutto e tutti”. Yes, questi sono finali chiari e non lasciano margine di speranza. A meno di particolari stratagemmi che ci fanno vivere prequel o sequel di XX anni dopo coni super pronipoti.

Niente di tutto ciò. Ecco, supponiamo che voi desideriate raccontare di un particolare avvenimento della vostra vita. Cosa è successo prima? Ce lo potete narrare tramite i dialoghi dei personaggi, le forme indirette, i flashback e altro ancora. Ma cosa accade successivamente alla storia che ci avete narrato? Tante cose. I vostri personaggi saranno felici, saranno tristi. Vivranno serenamente, incontreranno altri ostacoli e difficoltà.

Perché così è la vita, un complicato incastro di eventi.

Questo troverete nel finale di Estasia e Prodigium. Uno squarcio, un flash sulla vita dei protagonisti che ho voluto narrare. Il finale, almeno per come lo concepisco, non è altro che una finestra sugli infiniti percorsi che loro potranno seguire dopo l’ultima pagina.

Esiste una regola? Certo, quella di rispettare il lettore. Di non ingannarlo per tenerlo incollato con una serie di 400 libri, fornirgli le spiegazioni alle domande che lo scrittore ha fatto nascere con le sue trame.

Tutto qui.

Le storie non finiscono mai.

Gli scrittori vi raccontano solo una parte delle storie. Sono i lettori il loro naturale complemento. Grazie alla loro immaginazione.

TvSeries

E’ venerdì, procediamo spediti verso qualche argomento meno impegnativo.

Dunque, nel (poco) tempo libero, quando non scrivo-non leggo-non porto fuori il cane-non esco-non vado al cinema- eccetera eccetera, adoro le serie TV. Una carrellata di quelle che seguo quest’anno, escludo le già viste come gli stupendi 24, Prison Break.

Here we go.

Lost: Lost rimane Lost, che mi ha catturato fin dalla prima puntata. Quest’ultima serie, tuttavia, mi sta deludendo. Siamo a poche puntate dal finale, la trama è un po’ sfilacciata con dei flash sideways che distraggono dalle mille domande che ci siamo posti nelle cinque serie precedenti. Insomma, succede poco, poche risposte. Aspetto la conclusione, per adesso sono scettico. Voto: 6 1/2


True Blood: Ho deciso di guardare la seconda serie anche se la prima non mi aveva convinto. Allora, sicuramente nel complesso è migliore. O almeno lo è la prima metà, prima che il sesso (e il trash) tornassero a rubare la scena. Ancora non ci siamo, la sceneggiatura scricchiola, i protagonisti non mi convincono. La storia di Godric è stata sfruttata male (e ne aveva le potenzialità) ed è stata liquidata in modo frettoloso. Interessante il personaggio di Eric, poco convincente la figura della Menade, anzi pretestuosa per tirare fuori tanto sesso. Per voyeur, insomma. Voto: 5


Glee: spassoso, allegro, leggero. Musica, storie, balli, che nascondono temi più complessi come l’emarginazione e la diversità. Mi sta divertendo. Voto: 6 1/2


Fringe: Interessante scoperta. Niente paranormal romance, solo paranormal. E’ bello ritrovare Joshua Jackson (chi lo ricorda in Dawson’s Creek?). Idee interessanti e colpi di scena. Premetto che non amo molto le serie in cui ogni puntata è a se stante e c’è un’esile trama di sottofondo (vedi House), ma ne complesso è da seguire. Voto: 7

The Vampire Diaries: per fortuna ha poco a che fare con il libro della Smith. Ed è un bene: gli sceneggiatori hanno preso i pochi spunti intelligenti del libro per creare una serie che mi sta convincendo. Ottimo il contrasto tra i fratelli Stephen e Damon Salvatore, anche se è poco delineata (e inutile) la figura della strega Bonnie. Insomma, vediamo come continua, sperando che non deluda. Voto: 7 1/2


FlashForward: Come per il precedente, il libro (che sto leggendo adesso) è solo uno spunto per una trama del tutto inedita. L’idea di base è intrigante: cosa accadrebbe se per due minuti il mondo perdesse i sensi e vedesse il suo futuro? Tutto ruota attorno al concetto del libero arbitrio e del destino, anche se ogni tanto la trama si perde. Qualche puntata un po’ noiosa, ma nel complesso è accettabile. Voto: 6 1/2


White Collar: ho visto solo due puntate, impossibile dare un giudizio. Ma mi sta convincendo. Il protagonista Neal Caffrey è brillante e per nulla scontato, così come la sua spalla, l’agente Peter Burke. Resto in attesa delle prossime puntate. Voto: N/A


Lie to me: Ho visto solo qualche puntata. La serie si incentra su un dottore esperto di comunicazione verbale e gestuale, grazie alla quale è possibile capire se l’interlocutore sta mentendo. Insomma, una serie piacevole, ma profuma troppo di House. Troppo. E non mi ha convinto, tanto da abbandonarla. Voto: N/A


Adesso, lascio a voi commentare 😉

19 maggio

Logo di Gothica L'Angelo della Morte di Francesco Falconi

E’ la data di uscita.

Ma sarà presente in anteprima al Salone di Torino. Presto vi dirò gli eventi che mi coinvolgeranno.

Saviano delle contraddizioni

More about GomorraHo letto Gomorra più di un anno fa. La mia recensione su Anobii, la scrissi perché il romanzo di Saviano va letto per necessità. Non per piacere, non per diritto di informazione, ma perché è necessario che lo leggiamo.

Poi, con il passare del tempo, le situazioni al contorno assumono sfumature grottesche. Tutto nasce dall’ennesima uscita del nostro premier, che afferma la seguente:

Berlusconi sottolinea che “la mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo ma è quella più conosciuta” anche per i film e le fiction che ne hanno parlato, come “le serie della Piovra” e in generale “la letteratura, Gomorra (di Roberto Saviano ndr) e tutto il resto”.

Quindi un libro come Gomorra non è la necessità dell’informazione ma la pubblicità a Cosa Nostra, che ovviamente ci etichetta in tutto il mondo come il popolo della pizza, degli spaghetti e della mafia. Una sfumatura, per così dire, davvero originale. Neppure sotto effetto dei più potenti allucinogeni mi sarebbe passata per l’anticamera del cervello.

Subito la risposta di Saviano:

Presidente Silvio Berlusconi, le scrivo dopo che in una conferenza stampa tenuta da lei a Palazzo Chigi sono stato accusato, anzi il mio libro è stato accusato di essere responsabile di “supporto promozionale alle cosche”.

[…]

Perché per lei è meglio non dire.
è meglio la narrativa del silenzio. Del visto e taciuto. Del lasciar fare alle polizie ai tribunali come se le mafie fossero cosa loro. Affari loro. E le mafie vogliono esattamente che i loro affari siano cosa loro, Cosa nostra appunto è un’espressione ancor prima di divenire il nome di un’organizzazione.

Segue la lettera di Marina Berlusconi, che in pratica concorda con la critica del padre, affermando che è giusto parlare della mafia ma anche di ciò che il governo fa per contrastarla:

Parlare di più anche di questi successi sicuramente aiuterebbe a cancellare quella assurda equazione che troppo spesso viene applicata all’estero: Italia uguale mafia.

[…]

In questi venti anni abbiamo sempre assicurato, com’è giusto e doveroso, secondo il nostro modo di intendere il ruolo dell’editore, il più assoluto rispetto delle opinioni di tutti gli autori e della loro libertà d’espressione.

E si conclude con la contro-risposta di Saviano, che afferma:

In Gomorra sono raccontate anche le storie di coloro che hanno resistito alle mafie, un intero capitolo dedicato a Don Peppe Diana, c’è il racconto di una Italia che resiste e contrasta l’impero della criminalità. Quale sarebbe il senso unico?

Conflitto di interessi in casa Mondadori, si direbbe. Contraddizioni e divergenze. Tristezza, come sempre, perché da un libro che mostra una faccia della nostra realtà, vogliamo a tutti costi creare dei botta-risposta infiniti che nulla hanno di costruttivo.

D’altro canto, si torna poi al dilemma: in Mondadori dovrebbero pubblicare solo scrittori di destra? La strada è quella di escludere la sinistra? Oppure puntare all’eutanasia della sinistra in casa Mondadori ed Enaudi?

Oggi non è così, per fortuna. Che sia per qualità, bravura, libertà d’espressione o mere questioni commerciali (eh sì, Gomorra è anche una grande macchina commerciale) non ci è dato saperlo.

Come tante altre “cose nostre”, del resto.