Brutto essere grasso che leggi questo blog, vedi di rimetterti in carreggiata. Perché il grasso non è bello. Perché a me non frega una cippa se l’obesità è una malattia grave, psicologica e fisica. Mi dai solo fastidio. Sei una spesa. Devi pagare.
Un sunto estremizzato di quello che leggo su questo articolo tratto da Repubblica, dove si dice:
La compagnia aerea Southwest si riserva il diritto di far pagare due biglietti a ogni passeggero obeso. L’università Lincoln in Pennsylvania avendo il numero chiuso seleziona gli studenti anche in base al peso. Lo Stato del North Carolina fa pagare una sovrattassa per l’assicurazione sanitaria ai dipendenti pubblici troppo grassi. E certe agenzie per le adozioni rifiutano candidature di genitori sovrappeso.
Quanta fatica. Uccidiamoli, no?
I grassi – scrivono i due leader della ribellione – hanno meno probabilità di essere assunti in un’azienda, se trovano un posto vengono pagati meno, sono discriminati nelle ammissioni alle università, si vedono negare le cure mediche, i sedili degli aeroplani, e quando entrano in un negozio di vestiti sono i clienti più bistrattati. Sono trattati come dei sotto-uomini.
Già. E’ l’America direte voi. La patria delle contraddizioni dove il palestrato full day va a braccetto con la signorina hamburger da 3 piani. L’ideologia della repressione psicologica non della cura preventiva. Perché si sa:
Gli Stati Uniti spendono ormai 344 miliardi di dollari all’anno per curare le patologie legate al peso (dal diabete alle malattie respiratorie), ed entro otto anni il 21% di tutta la spesa sanitaria americana sarà assorbita dai malati sovrappeso. l’ultima trovata sono le tasse contro i soft-drink (bibite gassate e zuccherate), contro i dolciumi e altro cibo-spazzatura. Ma anche questo è un accanimento fine a se stesso, secondo la sociologa Katie Le Besco del Marymount Manhattan College: “E’ un altro modo per dire: sei grasso, paga. Ed è una tassa sui poveri, perché purtroppo il junk-food è dominante nella dieta delle classi sociali più sfavorite”.
Vabbé ma noi siamo in Italia. Fermi, scusate, noi abbiamo il Vaticano. Tanti voti per un governo che entra uno che esce. Tanti che si leggono queste notizie.
È il primo istituto della capitale a mettere in pratica la mozione votata nel giugno scorso dalla Provincia di Roma, che si è impegnata a sostenere la diffusione dei profilattici nelle scuole superiori insieme a corsi antiaids. Acquisto discreto, veloce e anche a prezzo politico perché i condom verranno venduti a costi di fabbrica: 3 pezzi a 2 euro. Insieme ai preservativi saranno distribuiti anche gli assorbenti.
Ma ovviamente fare sesso è peccato.
E subito il Vaticano, per bocca del cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ribadisce la sua condanna all’iniziativa, esprimendo “viva preoccupazione per le banalizzazioni della sessualità”. Lo stesso Vallini, in una nota diffusa all’indomani dell’approvazione della mozione, aveva detto che la distribuzione dei preservativi a scuola “non può trovare consenso nella comunità ecclesiale di Roma e nelle famiglie cristiane seriamente preoccupate dell’educazione dei loro figli”.
Siamo tutti nello stesso mondo, che vi piaccia o no.