L’altro giorno, girovagando in rete grazie ai miei feed, sono venuto a conoscenza (in ritardo) della decisione di Silvana de Mari di non pubblicare più con la casa editrice Salani l’ultimo libro della sua saga L’ultima Profezia.
Molto interessante un suo intervento che vi invito a leggere con attenzione.
Il mio, molto semplicemente è uno sciopero, contro lo strapotere delle case editrici che dicono o qui si cambio come voglio io o il libro non si pubblica. Bene. Non si pubblica. L’editing deve essere una proposta,mai un’imposizione, gli editori devono imparare a fermarsi, a fare un passo indietro.
Premessa: stimo Silvana de Mari come autrice ma anche la Salani Editore. Ovviamente il commento è solo sull’opinione espressa da una delle due campane.
Ciò che dice Silvana è ovviamente corretto. Tra l’editor e l’autore deve sussistere sintonia e intesa, non deve essere un’imposizione.
Sono stato fortunato, forse. Con le case editrici con cui ho lavorato (Curcio, Asengard ed Edizioni Ambiente) il rapporto è stato positivo e proficuo. Spero che sia lo stesso per i prossimi due editori.
Mi è capitato qualche mese fa di proporre un mio testo a un editore. Questo editore, tuttavia, aveva una sua precisa linea editoriale, e mi ha chiesto cambiamenti *radicali* alla trama e al protagonista per adattarli alla sua collana. Ho gentilmente declinato l’offerta. Non è colpa mia, neppure sua. Essenzialmente quel libro non era adatto a loro.
Attenzione. Un autore deve essere sempre disposto a rivedere il testo, concordare i miglioramenti che possono essere di stile, struttura, ritmo e quant’altro. Anche rivedere dei capitoli, affinché magari la scena sia più incisiva o i personaggi più tridimensionali. I consigli di un buon editor vanno sempre ascoltati. Metabolizzati e capiti.
Quando però si chiede che il libro assuma un colore diverso perché il marketing o la collana lo richiede, allora mi fermo. Perché quel libro non è adatto. Non è questione di orgoglio o arroganza. Lungi da me. E’ solo questione di obiettivi ed espressione artistica.
Forse un giorno scriverò una storia che sarà perfettamente… compatibile con quelle richieste. Oppure anche no.
Per inciso: scrivere non era minimamente faticoso. Ogni tanto dovevo interrompermi per l’eccitazione.
Verità sacra. Tanto di cappello.
Sono state tagliate dieci righe che erano le mie idee religiose, trovate ridicole dal mio laico editor. Porca miseria è il mio libro. Siete così intelligenti e così bravi: scriveteveli da soli. A questo punto sono arrivata alla paralisi. Non me ne fregava più niente, volevo sono non sentirne più parlare.
Non credo occorrano commenti. Un autore esprime se stesso in un libro. Un romanzo fantastico non è un libro game. Specialmente nei casi dei libri della De Mari, tutti sappiamo come siano densi di significati e metafore, che sottendono il pensiero dell’autrice.
Ho quasi sessanta anni e sono messa piuttosto bene a quattrini. Posso permettermi di non fare le cose che detesto e oramai detestavo essere l’autore di questi libri. Volevo solo liberamene, concludere, non averli più sul computer, non avere più Rankstrail in memoria sul glossario. Questa gente non era più viva, erano solo macchie di inchiostro su delle pagine.
Che io leggo come la morte dell’estro e della vena artistica. Purtroppo.
Ripeto, sono osservazioni nate da un post di Silvana De Mari, che spiega il perché della sua decisione di chiudere con Salani, pagare una salatissima penale, e concludere online il suo libro.
Una scelta coraggiosa, che Silvana sintetizza in questi termini:
Porca miseria. Mi è costato 10000 euro, ma valeva la pena. Certo che valeva la pena. E in più molte persone stanno leggendo il blog e sto conbattendo per le mie idee. Potete accusarmi di tutto, ma non di incoerenza.
Parole che ammiro. Perché sappiamo quanto sia difficile pubblicare in Italia e quanti esordienti sarebbero disposti a tutto pur di raggiungere questo traguardo. Traguardo che Silvana si è conquistato con fatica, successo confermato dai suoi tanti lettori in Italia e all’estero.
Ma, sopratutto, Silvana ha deciso di voler essere una vera scrittrice, esprimere i suoi pensieri al di fuori delle logiche di mercato ed editoriali.
Scelta giusta, scelta sbagliata? Non spetta a noi giudicarlo. Non spetta a noi criticare la Salani, non sarebbe neppure giusto dato che non sappiamo il suo punto di vista. Forse le modifiche richieste da Salani non erano così intrusive, forse Silvana potrebbe essere stata troppo “attaccata” al suo testo? Ipotesi plausibili, che tuttavia non mi interessano.
Alla fine poco importa. Apprezzo sempre l’onestà intellettuale di chi vuole difendere il proprio libero pensiero.
Una lezione valida per tutti. Esordienti e scrittori attempati.