“E’ andata meglio dell’ultima volta, vero?”
Lo guardo di sbieco. Blatero qualcosa.
“Come?”
“Hum.”
Mascella bloccata. Pelle insensibile dall’orecchio sinistro a metà labbro. M’illumino di immenso.
“Dunque, signor Falconi, stiamo battendo un po’ la fiacca.”
La fiacca? Mi hai appena strappato due denti del giudizio. Quello inferiore è enorme. Con due radici ricurve, come nei cartoni animati. O nei film horror. Non c’è differenza.
“Non plenso plopio.”
“Dobbiamo fare una cura canalare al 13.”
Me lo gioco al lotto. Magari vinco.
“E quindi partire con l’impianto.”
Wao. Sono emozionato. Pronto come non mai.
“Ma ha atteso troppo, l’osso si è assottigliato.”
Inspirare. Espirare. Non promette nulla di buono. “Quindi?”
“Dental Scan.”
Non hai mai fatto un dental scan? Antico.
“Per vedere in tre dimensioni come dobbiamo intervenire. E come aggiungere dell’osso.”
Sorrido. O tento maldestramente di farlo. Perché, non so, la frase aggiungere osso mi suona proprio male. Ma tanto.
“Cioè?”
“Dunque, in genere si usa materiale sintetico. Dipende dai risultati del dental scan.”
“Altrimenti, cosa? Il mio osso?” ironizzo. Prendo la vita con piacere. Perché io amo il dentista. Dalle viscere.
“Beh, sì.”
Inorridisco. Piego le labbra ancora. Mi sta prendendo in giro. Ci sono cascato. Che cretino.
“Eh, immlagino. Maglari dal piede o dall’anca.”
Lui è serio. “In genere dall’anca.”
“Scoldatelo.”
“Oppure dall’osso dove era poggiato il dente del giudizio.”
Già il dente sul tavolino. Mi farebbe un occhiolino se solo potesse.
“Falconi, stiamo battendo la fiacca.”
Come no. Mi avanza un po’ di tibia. La conservo dai tempi del liceo. Appiccichiamola in bocca. Che ci frega.
Libri 2009 ed Esbat
E’ Lunedì. Il che non è proprio una notizia positiva.
Notizie rapide: sopra il primo post del blog trovate i topic che usciranno nei prossimi giorni. Presto novità interessanti anche per G*.
Leggevo stamani un articolo su Fantasymagazine, una carrellata dei libri fantasy 2009 italiani e stranieri. Una citazione anche per l’ultimo di Estasia, Nemesi.
Io, invece, ho appena finito Esbat di Lara Manni. E’ difficile farne una recensione, anche perché l’autrice mi sta molto simpatica e il giudizio sarebbe poco oggettivo. Parto da una premessa: non amo l’ambientazione giapponese. Non sono mai stato né sarò un manga boys. Forse seviziato quando ero piccolo da Topolino, non sono mai stato uno sfegatato dei fumetti, eccezion fatta per la Marvel. Il che non è molto popolare, lo scrittore fantasy deve per forza essere un appassionato di fumetti. Ma non è il mio caso. Ho sempre preferito i libri ai fumetti.
Torniamo a Esbat, che ho letto con piacere a prescindere dall’ambientazione. Il punto forte di Lara è senza dubbio lo stile di scrittura: secco, preciso, immediato. Via gli orpelli, via perifrasi pesanti. Dritto al punto. Pecca negativa, come fa notare Luca Centi, a volte anch’io ho trovato difficoltà nel capire il soggetto della scena, perché la telecamera si sposta di paragrafo in paragrafo in modo troppo repentino. Se ti distrai sei fregato.
Intriganti anche gli sbalzi temporali e la gestione della struttura narrativa, nonché i riferimenti precisi alla Wicca e le citazioni della letteratura/musica moderna. Ciò che mi è più piaciuto in questo libro? Non il Giappone. Non la fanfiction. Non Hyoutsuki. La figura della Sensei, in primis, ma anche quella di Ivy. Un’umanità che trapela nelle righe del romanzo, senza che l’autrice si sia sforzata a sottolinearla. Un’intimità complessa che rende tridimensionale la protagonista pagina dopo pagina, rendendo plausibile ogni sua ossessione.
Sei una mito
Affinità ossessive con gli oggetti. Non è scaramanzia, sia ben chiaro. Non indosso gli stessi abiti se nel giorno X per l’evento Y mi portò fortuna. Una sorta di amore ossessivo per gli oggetti pregni di ricordi. Pezzi della mia vita. Vi parlai tempo fa dei libri, ma a volte anche per oggetti più stupidi che finiscono in qualche angolo remoto dei miei cassetti e non riesco a mai a buttarli via. Come il quadernone di Estasia, se vogliamo. Beh, in quel caso feci bene a non buttarlo. Ci sono oggetti più stupidi. Persino penne o post it. Li guardo più volte, mi dico che è giunta l’ora di disfarmene. Che prendono solo polvere e occupano spazio inutile. Poi mi ricordano un momento della mia vita, e rimando.
Ovviamente, fa parte di queste affinità ossessive anche l’automobile. Come non potrebbe. Ho ricevuto la Stilo come regalo per la mia laurea nel 2002. Un bel regalo, non c’è che dire, ma mia nonna stava risparmiando da prima che prendessi il diploma allo Scientifico. Ho tenuto la Stilo per 7 anni. Non sono un appassionato di macchine, vi avverto. Conosco persone che la cambiano ogni sei mesi, conosco addirittura persone che ricorrono all’autonoleggio per affittare auto che non possono permettersi solo per apparire quello che non sono. C’è anche da dire che il traffico di Roma mi ha tolto il gusto di guidare. Prima, seconda, prima, mezz’ora per 200 metri… beh non è che sia molto piacevole.
Comunque, non è stato facile distaccarmi dalla Stilo. Troppi ricordi. Troppi viaggi. Situazioni piacevoli, altre veramente drammatiche. Impossibile raccontarle tutte.
Ma era giunto il momento di cambiare auto. Soprattutto per necessità, prima che il costo di manutenzione diventasse troppo ingente. Così ho scelto un’alfa romeo, che puntavo da qualche mese.
Una Mito. La guardo ancora di sottecchi. E’ come se sentissi la gelosia della Stilo. Come se quattro pezzi di lamiera potessero provare dei sentimenti.
Ma sì, è solo un’affinità ossessiva, alla fine.
Tornando ad argomenti meno simpatici, in riferimento all’articolo che ho scritto qualche giorno fa, continua la guerra fredda tra Cina, Usa e Google. Sono i grandi problemi del nostro mondo, si sa. Che tristezza.
III Trofeo Centuria e Zona Morta
Notizia flash, per gli aspiranti scrittori.
Così come l’edizione precedente, anche quest’anno sono stato invitato per partecipare alla giuria del III Trofeo Centuria e Zona Morta.
Per chi fosse interessato, può leggere bando, relativi premi in denaro e scadenza nella pagina dedicata.
Buona domenica!
Plugin-fobia
Ok, sto cercando di disintossicarmi. Ci provo.
Colpa di Lauryn, che mi ha portato nel mondo wordpress. Un po’ come gli applicativi dell’iPhone, inizi e non la finisci più.
Sono dentro il tunnel dei tremila plugin di wordpress. Vi prego non usate internet explorer perché vi potrebbe esplodere se aprite questo sito. So che non reggerà alla plugin-fobia. Ne sono certo.
Ma sono felice di non essere l’unico. Eleas ci dice di voler cambiare tema. Sì, anche lui è malato. Anche il blog di Ninna si aggiorna, e devo dire che lo trovo molto gradevole.
Controcorrente e rivoluzionario as usual, il nostro Valberici, che abbraccia la corrente minimalista.
Ok, post inutile. Ma è sabato e ho un male terribile ai denti, con una pallina da tennis virtuale incastrata tra la gengiva e la guancia. So che mi perdonerete.
Già, The dentist Reload. Ve ne parlerò prossimamente.
Pubblicità Albatros per scrittori esordienti
Da un po’ di giorni vedo su Canale 5 la pubblicità del Gruppo Albatros. Siccome sono diffidente per natura e in passato ho parlato più volte della piaga dell’editoria a pagamento (You pay, You Publish), ho fatto una breve ricerca su internet. Gruppo Albatros, che include la nota casa editrice il Filo.
Nota anche a me, perché ricevetti dopo pochissimo tempo una proposta per Estasia 1, che prevedeva un contributo di migliaia di euro. Proposta che ovviamente rifiutai all’istante.
Ora, so bene che tra i lettori di questo blog ci sono molti aspiranti scrittori. Alcuni ben rodati, altri forse un po’ meno esperti, che ancora sono indecisi quando/a chi/ come inviare il proprio manoscritto. Bene, mi rivolgo a questi ultimi. Nell’articolo sopracitato, potete leggere tutto quelle che penso dell’editoria a pagamento, e delle sue conseguenze.
Tornando invece al discorso Il Filo Editore, rimango piuttosto meravigliato di come sia riuscito a espandersi il gruppo, tanto da permettersi una pubblicità perfino su canale 5. Il che, suppongo, costa tanti tanto soldi.
Che il contributo per pubblicare il tuo libro (o forme similari, come l’acquisto obbligatorio di copie o parcella editing), sia la forma di introito maggiore? Chissà, forse. Perché io un libro il Filo non l’ho mai visto in libreria. Mi sarà sfuggito, che vi devo dire. Ma se una casa editrice non si presenta con pile di libri, è difficile che raggiunga vendite stellari, tantomeno aumentare il capitale a tal punto da permettersi una pubblicità sulla Mediaset.
Illazioni, certo. Mie opinioni personali che derivano tuttavia dalla conoscenza del meccanismo dell’editoria a pagamento. Che non è editoria. E’ solo stamperia a prezzo salato. Divertente Wikipedia, che non accenna a questo fatto ma, tra le voci correlate, mette “Autore a proprie spese.”
La pubblicità su canale 5 spinge molti autori a informarsi sul Gruppo Albatros. A spedire il manoscritto, del quale riceveranno una proposta di pubblicazione. Ecco la parola magica che vuol dire tutto e nulla. Ma nel sito si spiega con chiarezza che:
In cosa consiste la proposta editoriale?
Gli autori selezionati riceveranno una proposta contrattuale per la pubblicazione del loro testo all’interno di una delle nostre collane. A seconda della collana di riferimento, e quindi delle potenzialità commerciali dell’opera selezionata, saranno definite le condizioni contrattuali.
Nulla appunto. Una confusione totale. Ma, visto che in molti avranno chiesto se era previsto un contributo, il Gruppo Albatros spiega in modo ancor più esaustivo:
È previsto un anticipo sui diritti a vantaggio dell’autore o un contributo economico che l’autore dovrà versare per accedere alla pubblicazione?
I contratti da noi proposti possono prevedere sia un anticipo sui diritti a vantaggio dell’autore, sia l’obbligo di acquisto di un quantitativo minimo di copie da parte dell’autore.
Ah ecco, quindi mi viene da pensare che contributi ci siano solo se l’opera non è ritenuta super valida, o forse non tropo commerciale, o azzardata o chissà cosa. A parte il fatto che ritengo vergognoso che una casa editrice chieda contributo all’autore per accedere (accedere!? ma che è il paradiso degli eletti?) alla pubblicazione. Sarebbe interessante se fornisse delle % di quanti libri pubblica a proprie spese e da quanti invece intasca il denaro delle copie acquistate obbligatoriamente. E magari, di quelli pubblicati senza il gettone d’accesso, quante copie stampate, distribuite e dove. Invece, c’è da apprezzare che renda nota la possibilità di richiesta contributo. Sembra una sciocchezza, ma non lo è, visto che tanti altri editori sono ben attenti a nascondere il particolare.
Sono illazioni? Li definirei dubbi legittimi, specie dopo aver letto tanto a giro, come l’esperienza di Chiara Vitetta, oppure cosa ne pensa il sito di WriterDreams, che da sempre cerca di far luce sulle modalità di pubblicazione di molti editori (e, per la loro onestà, più volte sono stati minacciati di diffamazione, ma cercando bene in rete, sembra che non siano soli).
Possiamo continuare con un articolo di Paolo di Stefano sul quotidiano il Corriere, e andare avanti per ore, se ne avete voglia. Oppure accettare anche qualche buon consiglio, come da Elisa di Blogosfere.
Insomma, uomo avvisato mezzo salvato. Oppure anche no.
Anobii meglio della critica letteraria.
A differenza dell’articolo di Battaglia su Panorama, toglierei il “?” finale nel titolo del post.
Ovviamente, occorre capacità di discernimento. Un critico letterario mostra nome e cognome, su Anobii un nick. Anobii è una piattaforma in rete che garantisce “quasi” l’anonimato, ti puoi chiamare Pincopallo e sparare a zero sui libri.
Anobii è popolare: si possono trovare recensioni aride del tipo “Bello – che schifo – Supertrump!”, ma anche pareri esaustivi e dettagliati. Insomma, questo è uno dei punti forti delle community WEB 2.0, dove non per forza occorre essere “timbrati” professionisti, perché possiamo possedere le competenze per esprimere la propria idea, spiegare l’emozione che un libro ci ha fornito, criticare i lati negativi e positivi di un romanzo.
Certo, non siamo infallibili. Si possono dire cose giuste o sbagliate. Prendere delle cantonate quando si critica “il bagliore di una gemma nonostante l’assenza di luce” come nel caso della recensione di Gamberetta sul libro di Luca Centi, ma si possono anche far notare evidenti errori, sfuggiti all’autore e all’editor, sempre nel medesimo articolo.
Tornando sull’articolo originario di Nicola Lagioia sul quotidiano il Fatto, si legge un’interessante osservazione:
[…]pezzi scritti spesso in batteria, prevedibili, mancanti di passione o in trasparenza servili o astiosi o stiticamente entusiasti quando non inutilmente cervellotici, il cui vero destinatario non è mai il lettore ma altri addetti ai lavori (“e allora perché non ricorrere alle mail collettive invece che a un quotidiano nazionale”? mi sono spesso domandato).
Ed è la verità. Io stesso, quando sono indeciso su un libro o un film, preferisco di gran lunga le opinioni popolari. Dirette, semplici, genuine, senza troppi orpelli né pregiudizi di genere. Non mi interessa se il fantasy è di classe A o B, queste discussioni lasciamole pure ai Santoni della fuffa. Io voglio solo sapere se quel libro è valido oppure no. Se riesce a tenere incollati alle pagine e quante sensazioni trasmette, ancor più del numero di refusi o dell’aggettivo improprio.
Per questo, grazie Anobii.