Another End

Qualcuno si potrebbe chiedere come mai i miei post sono diventati così sporadici ultimamente, visto che le ferie sono finite un bel po’ di tempo fa.
Semplice, mi sono dedicato anima e corpo a Prodigium 2 e, finalmente, oggi ho finito la revisione.

Insomma, il mio quinto libro è pronto per la stampa (ovvio, a meno di qualche revisione dell’ultimo minuto).
Per ora non ci sono cambiamenti in vista, come annunciato l’anteprima sarà al Lucca Comics, i primi di novembre. Nei prossimi mesi, come sempre, vi comunicherò il titolo e _forse_ l’anteprima della copertina che, come sapete, non sarà più disegnata da un americano ma da un illustratore italiano.

Infine, sempre _forse_  (e qui bello grosso), l’anteprima di un mio nuovo progetto (trilogia? Forse!) che partirà nel 2010.

Insomma, il silenzio era solo sinonimo di lavoro… sommerso 🙂

Intervista di MondoErre

Carissimi,
prima di lasciarvi per un lungo e meritato week end (e so già che vi rotolerete in spiaggia o in qualche prato di montagna), vi segnalo un’intervista di MondoErre:ù
I più attenti si accorgeranno che la cover di Prodigium 2 in realtà è uno scherzo che apparve sul mio blog per il pesce d’aprile.
Quella reale è ancora top secret, ma è questione di un mese o due 😉
Saluti a tutti!
Francesco

Prossime tappe

Periodo abbastanza convulso, post telegrafico per accennarvi dove mi troverete a Settembre e Ottobre:

– 5-6 Settembre, Savona, premio Centuria
– 26 Settembre, Latina, Premio GialloLatino, serata bicentenario E.A. Poe
– 16 Ottobre, San Giorgio a Cremano (Napoli, Seminari Connessioni Inattese, Mondi fantastici di Estasia e Prodigium
– 19 Ottobre, Massa Marittima (Grosseto), incontro nella bublioteca comunale

Vi farò sapere altri dettagli il prima possibile, per chi è di zona.

You pay, You publish.

Un post con pubblicazione automatica, ammesso che funzioni.
Autoquoto uno spezzone del mio precedente post: “Mi ricordo che quando iniziai a spedire Estasia Danny Martine e la Corona Incantata, mi arrivò un rifiuto piuttosto rigido. Anzi, frankly speaking, distruggeva il mio libro. Lo massacrava.
Dopo qualche giorno di umana frustrazione, seghe mentali e piagnistei sulla mia evidente incapacità, aprii gli occhi e capii che il libro non andava. Lo riscrissi, lo strappai, lo tagliai, lo rincollai. Fino a comporre la versione che convinse l’Armando Curcio Editore.
Tanto per collegarmi a una questione, che ahimè, pare intramontabile: l’editoria a pagamento.
Inutile dirvi che anch’io mi sono scontrato con questo tipo di offerte, anche perché in genere sono le prime che arrivano. Un esempio, molto simpatico: spedii Estasia 1 a un editore pugliese la sera alle 21.30. La mattina seguente alle ore 9 mi telefonò per chiedermi dove spedirmi il contratto.
Contratto a pagamento s’intende. Tornassi indietro lo interrogherei sul libro. Senza andare troppo nel dettaglio, solo sulla sinossi.
Ecco, questo piccolo aneddoto (e ce ne sarebbero molti altri) credo basti a delineare le caratteristiche dell’editoria a pagamento.
Ovvio, mai generalizzare anche perché, in questo settore, la scelta è ampia e variegata. Chi vi chiede contributo per editing, chi di comprare copie, chi semplicemente taglia la testa al toro e vi chiede minimo 4.000 euro.
La mia posizione è sempre la stessa: non accettate SE credete nel vostro libro. Appunto, notate il SE maiuscolo. Se il vostro scopo è solo quello di pubblicare un libro destinato a una decina di parenti, allora nessun problema. Ne siete coscienti. Servitevi di Lulu o strumenti simili.
Ma SE il vostro scopo è quello di avere un punto di partenza, allora state prendendo un abbaglio. Un GROSSO abbaglio. Sempre generalizzando e prescindendo dal minimo di serietà che potreste _forse_ trovare, leggetevi le seguenti considerazioni.
Premessa: un editore a pagamento non rischia in prima persona, perché le spese minime (e un certo margine guadagno) l’avete pagato voi
Ne consegue che:
1.    Non è interessato a distribuirlo. La distribuzione costa, e la casa editrice deve avere agganci enormi per essere “tenuta in buona considerazione” dal distributore
2.    Avrete un editing pessimo, se non esistente. Ergo, non solo il libro sarà poco curato, ma voi non imparerete nessuna tecnica di scrittura
3.    Non esisterà alcuna promozione, né azione di marketing. Diffidate dalle buste gonfie di depliant che vi propongono chissà quali passaggi televisivi o radiofonici.
Ricordatevi che gli editori a pagamento NON sono un punto di partenza. Gli editor delle grandi case editrici in genere non vedono di buon occhio un autore auto-pubblicato. Non dico che vi brucerete, ma non vi servirà a nulla.
Per poi concludere con:
1.    Una grande delusione perché il libro dei vostri sogni non ha avuto il successo sperato, il packaging è terribile, avete la stanza piena di libri e non sapete più a chi darli.
Spesso mi vengono chiesti per mail consigli sull’editoria a pagamento, queste sono in genere le mie considerazioni. D’altronde rimango amareggiato quando scopro che non mi avete ascoltato minimamente. Forse è la smania di pubblicare, la fretta, il desiderio di vedere il proprio libro stampato. In molti casi neppure attendete la risposta delle grandi case editrici, che ci mettono minimo sei mesi. E vi fate infinocchiare da tante belle promesse, e lo fate volutamente. Ovvio, nella vita si può raggiungere una meta tramite diverse strade. Ma, vi assicuro, la più breve non è mai quella giusta.
Come fare allora? Pubblicare con le grandi case editrici è semplice? Nient’affatto, certo. Ma esistono le medie o le medio piccole da cui potrete imparare molto. Non demordete.
Per finire preciso che non voglio assolutamente criticare la scelta di nessuno, anche se sono assolutamente contrario a business commerciale che nulla ha a che vedere con i romanzi. Se volete a ogni costo pubblicare il vostro libro, fatelo pure, nella modalità che reputate migliore. Ma, sia ben chiaro, non vi lamentate poi se vi rispecchierete poi in uno di quei punti che ho sopra elencato.

Calura di ferragosto, calura di fantasy

Week end allungato al mare e con gli amici. Visto che quest’anno il ferragosto cade impietosamente di sabato, ho pensato bene a costruirmi il mio ponte.
Nel frattempo, la rete è giustamente deserta, tutti sono in ferie, al mare o in montagna. Io, invece, sto portando avanti il famoso libro autoconclusivo per il 2010, che nell’ultima presentazione ho annunciato essere molto diverso dai miei precedenti: per adulti, genere biopunk commistionato al new gothic. Per nulla facile, a dire la verità, tanto che la fase “progettuale e di studio” mi ha portato via più di tre mesi.
In questo deserto della rete, noto una simpatica discussione su FantasyMagazine, che vi linko qui: “Quando i babycritici salgono in cattedra“.
Il tema, più o meno, è sempre il solito: le critiche al fantasy italiano. Spunti interessanti, soliti flame sulla Gamberetta e spassionati ammiratori.
Non ho una grande carriera di scrittore alle spalle, visto che scrivo solo dal 2006, tuttavia un’idea della rete pian piano me la sto facendo. La conclusione, che magari approfondirò nei prossimi post, è abbastanza chiara. In rete, è molto difficile trovare i veri lettori. Quelli che leggono un libro fantasy solo perché amano il genere, e non perché sono aspiranti esordienti e vogliono capire come X è riuscito a pubblicare con Y.
Me ne accorgo anche nelle mie mail, dove in genere le critiche sono positive, per poi terminare con  “sai, scribacchio anch’io, ti andrebbe di leggere…”. E, come sempre, non capisco più il confine tra la vera critica sul mio libro e una sorta di speranza che io possa fare qualcosa per aiutarli nella pubblicazione.
Rovescio della medaglia: i vari blog e forum, dove invece si trovano le critiche più negative. Sia ben chiaro, le leggo sempre con attenzione perché a prescindere dal loro “movente emozionale” a volte ho trovato spunti interessanti che mi hanno fatto riflettere. Specie nella ricorrenza di alcune critiche. Purtroppo, però, nel 99,9 periodico % dei casi, questi critici (baby o non baby che siano) sono degli aspiranti scrittori. Capostipite Gamberetta, anche lei si diletta a scrivere.
Tutti scrittori che, ovviamente, sono convinti di avere un best seller chiuso nel cassetto, sebbene nessuno riesca per adesso a comprendere il suo inestimabile valore. Se la prendono quindi con le case editrici che pubblicano robaccia come Falconi, Troisi, Strazzulla o Ghirardi, regni di editor incapaci e di mazzette.
Invece di capire perché il loro manoscritto non è pubblicabile (e i motivi si sprecano), passano le serate a spulciare gli erroretti, i refusi, le incongruenze altrui. Guai a una punteggiatura sbagliata, non sia mai. Evidenziamola subito, matita rossa. Del resto, lo dice il Manuale dello Scrittore. Esatto, lui, più famoso della Bibbia. Manuale che gli insegnerà qualche tecnica, indubbiamente, ma dal quale non apprenderanno mai come trasmettere un’emozione al lettore.
Mi chiedo se il tono caustico sia direttamente esponenziale al numero dei rifiuti che hanno ricevuto. Ve ne parla uno che non ha vissuto, come sapete, una cenerentola letteraria. Ho avuto i miei No a caratteri cubitali, più o meno pesanti, in aggiunta a quintali di elogi apocalittici da parte dell’editoria a pagamento.
Mi ricordo che quando iniziai a spedire Estasia Danny Martine e la Corona Incantata, mi arrivò un rifiuto piuttosto rigido. Anzi, frankly speaking, distruggeva il mio libro. Lo massacrava.
Dopo qualche giorno di umana frustrazione, seghe mentali e piagnistei sulla mia evidente incapacità, aprii gli occhi e capii che il libro non andava. Lo riscrissi, lo strappai, lo tagliai, lo rincollai. Fino a comporre la versione che convinse l’Armando Curcio Editore.
Libro ottimo superbesteller fighissimo irraggiungibile e ineguagliabile? Manco per sogno. Chi mi segue sa che mi sento anni luce distante dal primo volume di Estasia. Ne rimane tanto affetto, ma non più stima.  E’ vero, in corso d’opera l’ho migliorato, ma le sue basi non erano solide. Nè io, allora, avevo l’esperienza necessaria per renderlo ancora migliore. Questo, ovviamente si evince dal testo, parti più ingenue, derivanti dal Francesco quattordicenne, parti più curate, del Francesco trentenne.
Ma tant’è, la storia è alle spalle ed è mio compito guardare solo al futuro.
Il mio consiglio? Sempre il solito. Non perdete così tanto tempo a massacrare chi ha pubblicato. Spendete quel tempo, invece, a capire perché il vostro non riesce nell’impresa. Commerciabilità, stile, trama, personaggi, dialoghi e quant’altro.
C’è davvero tanto da fare per migliorarsi. Regola che vale per me quanto per voi.
Nel frattempo, buona calura di ferragosto 😉

Ritorno dalle ferie

Quest’anno per me ferie in luglio, lavoro ad agosto. Tornato da New York, sono ripartito per Helsinki, sempre per motivi lavorativi. Beh, la Finlandia d’estate è decisamente più godibile dell’inverno. Giornate lunghe, sole fino alle 23. Temperature piacevoli, che si aggirano sui 20 gradi il giorno, 16 la sera. Insomma, Helsinki cambia totalmente faccia, senza il freddo e il buio perenne dell’inverno.
Tornato a lavoro, tornato a scrivere. Ultima revisione di Prodigium 2, prima stesura di un libro autoconclusivo che sarà pubblicato, probabilmente, l’estate prossima.
Infine, tempo di programmazione delle prossime presentazioni. Ancora non ho i dettagli precisi, ma farò una tappa in Liguria (Savona) a settembre, mentre a Ottobre sarò in Campania (Napoli) e Toscana (Massa Marittima).
Vi farò sapere presto 😉
Buona domenica.

I chiaroscuri di New York

New York può non essere come te l’aspetti.  Se pensi  che l’America e NYC, il suo emblema, siano lo specchio del progresso, della tecnologia, del futuro, forse ne rimarrai deluso. Non è poi così avanti più di una Londra o Parigi.
A New York respiri aria urban. Il fumo che esce dai tombini, i palazzi decadenti che si poggiano su grattacieli di vetro e cemento, i quartieri che si susseguono mutando repentinamente scenario.
Così capita che in una notte piovosa rimani a contemplare la punta di un grattacielo che scompare tra la foschia, illuminata da un alone sfumato.
Passeggi per il Financial District, dopo aver ammirato la Statua della Libertà. Con il capo all’insù, ti ritrovi nel degrado più totale di Chintown. Arrivi di sera a Times Square, e non capisci più dove finisce la realtà e inizia il film. I megaschermi alti 50 metri ti confondono, sembra un Piccadilly Circus alla decima potenza.
Giungi a un semaforo, vedi un esercito di persone che sta per attraversare la strada. Non ti accorgi che anche tu fai parte di un esercito: è lo schieramento opposto. Scatta il verde, i due eserciti si scontrano nel mezzo dell’incrocio. No, ti sei sbagliato. Non si scontrano. Ognuno procede per la sua strada. Anzi saettano. Tutti hanno fretta. I secondi a NYC scorrono più in fretta che nella nostra vecchia Europa? Può darsi.
Vedi il cratere del Ground Zero, ti rammarichi nel museo delle Twin Tower. Fai un salto al Central Park, e capisci che Villa Borghese è un piccolo giardino in confronto. Poi attraversi Harlem e giungi fino al Bronx, con un salto magari allo zoo. Ancora un altro mondo. Una delle tante facce di New York.
Alla fine, con i piedi a pezzi, decidi di prendere la metro. La metro è un mezzo semplice e rapido, ne sei convinto. Ma a NYC non è così. Ci vogliono 3 giorni per capire come funziona. Doppie linee, linee express. Colori, numeri e lettere. Downtown. Uptown. Oppure Queens e Brooklyn.  E quando finalmente credi di averci capito qualcosa, un bel cartello in stazione ti distrugge ogni certezza.
Ti fermi quindi a un crocevia, indeciso su quale strada imboccare. Oddio, non che sia così complicato. Manhattan è tagliata in orizzontale dalle streets, in verticale dalle avenues. Che fantasia. Perché noi europei ci complichiamo la vita con i nomi di artisti, poeti, uomini illustri e geografie improbabili? Take it easy. Incrocio  1st street/3rd avenue. Come giocare a battaglia navale. Take it easy.
Ed ecco allora che un tizio ti si avvicina e ti chiede se può esserti d’aiuto. In italia, una persona smarrita per strada è solo uno scocciatore. Oppure vuole venderti qualcosa. Che abbia bisogno d’aiuto non ti passa neppure per l’anticamera del cervello.
Ma i chiaroscuri di NYC non sono finiti. Divieto assoluto di fumare, spesso anche negli spazi aperti. Gli americani sono affezionati ai loro polmoni e ci tengono a conservarli intatti. Però il fegato gli sta antipatico, e si divertono a distruggerlo con hamburger a tre piani, farciti di salse e verdure. Ingrassi solo all’odore.
Ma su, c’è il libero arbitrio, ti dici. Infatti il menu è corredato di prezzo e calorie sotto ogni…  pietanza?
Bene, prova pure a trovare qualcosa al di sotto delle 900 cal. Mission impossibile. Pensi di fregarli con un’insalata? Non riceverai olio, sale e aceto. Ma un’altra salsa nel piatto. Già condita. Non hai scelta.
Sai di non avere molte speranze nei musei. Si sa, NYC non è Roma. Non ha duemila anni alle spalle, o anche di più. Tuttavia, anche se non apprezzi l’arte moderna, decidi di fare un salto al Moma. Guardi in tralice una palla viola, con un buco nel mezzo. Qualcosa vorrà dire, ma a te momentaneamente sfugge. Oppure osservi un quadro bianco. Sì, proprio tutto bianco. Libertà d’espressione. Non c’è che dire.
Preferisci allora il Metropolitan, ti senti a tuo agio con Picasso, contempli e ricontempli la “Persistenza della memoria”. Aggrotti la fronte su Amore e Psiche, perché quella più importante del Canova l’hai già vista al Louvre.
Continui a camminare. Nella Fifth Avenue, regno dello shopping più sfrenato. A Chelsea, all’East Village. NYC non finisce più. I tuoi piedi gridano pietà.
E, prima che tu abbia veramente afferrato tutto, è già giunto il momento di ripartire.
Ti riprometti che, prima o poi, tornerai in America, perché vuoi ancora vedere altri chiaroscuri e altri luoghi di questo magnifico continente.