Le presentazioni servono?

Domanda spontanea che nasce leggendo l’articolo di Licia o a valle delle decisione di Sandrone Dazieri di interrompere il tour promozionale dopo la scarsa affluenza a Bologna e cancellarsi da Facebook.

Tour promozionale. Termine forse un po’ improprio quando si tratta di libri. Perché gli scrittori non sono popstar e sono accolti con 1/100 di presenze rispetto al Big Brother di turno che per 6 mesi ha bivaccato su un divano. Il libro, come dicevo, è un prodotto ostico. Le presentazioni non sono un concerto. That’s not cool, baby. Occorre stare a sentire. Ragionare. Siamo invitati a fare domande. Le meningi devono lavorare. Che fatica.

Promuovere un libro, dicevamo. Certo, ci sono tanti modi. Internet e le presentazioni, per esempio. Ma vince sempre la solita macchina marketing: pile nelle librerie, visibilità, pubblicità su media più funzionali (TV, cartaceo. Yes, if you have money).

Forse le presentazioni sono necessarie solo per chi non ha un grosso editore alle spalle? Non direi. Tutto è proporzionale.

Servono a vendere copie? Manco per sogno. Se va bene si tratta di una decina di copie, e non cambia il risultato finale.

Sono stancanti? Molto. Perché spesso non hai neppure l’appoggio della libreria e degli organizzatori, devi fare tutto da solo. Anche cercarti un moderatore.

Servono a far girare il nome? Forse. Ma per quello c’è anche internet.

Quindi, a che cacchio servono?

Semplice. Ad avere un contatto con i lettori. A trasformare il virtuale in reale. Ad abbinare una faccia a un nick. A rispondere a tutte le domande e curiosità dei propri fan.

Questa risposta dovrebbe essere più che sufficiente per spingere un autore a rimboccarsi le maniche e muoversi in giro. Purtroppo, il meccanismo funziona solo se c’è la misteriosa controparte: lui, il lettore.

E’ un casino smuovere i lettori. Ve lo dico per esperienza: ormai scrivo da 4 anni con quasi 8 libri alle spalle. E’ più semplice rimanere nel divano, scrivere sui blog, lasciare un twitter, mandare una mail o un post in un blog. Meno fatica, più o meno stesso risultato. Ho fatto presentazioni con 200 persone ma anche con 10. Ed è demoralizzante, ovviamente, non trovare un riscontro quando ti sei dato tanto da fare.

E sorge una domanda spontanea. Se su Facebook ho millemila! fan, perché alla presentazioni sono in 3? Dove sono gli altri millemila-3?

La rete, già.

Si vogliono mandare le congratulazioni all’autore? Via, la rete. Non importa se nel 90% dei casi è piaggeria perché siamo esordienti e forse non abbiamo neppure letto il libro dell’interessato. That’s cool, Facebook&Twitter.

Si vogliono mandare critiche al vetriolo all’autore? Via, la rete. Easy, non ci metti la faccia, stai dietro a un nick. Insulti quanto ti pare. Dal vivo sarebbe molto meno cool. Il face2face implica uno scambio intelligente di opinioni, e l’intelligenza è materia rara.

Chissà, forse è un cane che si morde la coda (o era un gatto?). L’autore è presente e disponibile su internet per accrescere la sua popolarità, i lettori scelgono la strada più breve e meno invasiva.

Valanghe di domande per mail. Sul tuo libro. Su come pubblicare. Su come vorresti una storia. Su altre mille cose.

Ma quando dici: incontriamoci il giorno X all’ora Y per l’evento Z, i lettori evaporano. Puff.

That’s not cool, baby. You are a writer, not a big brother.

Se poi un autore decide di non fare più presentazioni per scarso interesse dei lettori, ecco che piovono accuse di arroganza. Per quale motivo? Organizzare un evento è molto faticoso, come dicevo, e toglie tempo alla vita personale nonché lavorativa.

L’anno scorso mi trovai a un bivio. Decisi di ridurre al minimo le presentazioni, solo per gli eventi (Lucca Comics, Torino ecc…), perché volevo dedicarmi solo alla scrittura e dare più spazio alla mia vita privata. La giornata è matematica: strizza le ore quanto ti pare ma rimangono sempre maledettamente 24.

Questo il mio pensiero, per quanto vale.

If you pay, we don’t read

Piccola postilla, che volevo scrivere da tempo ma che mi sono sempre dimenticato. Poi, rileggendo l’articolo di Loredana Lipperini, mi è tornata in mente.

Come sapete, e ho scritto più volte su questo blog parlando dell’editoria a pagamento come Albatros e affini. Ergo, non mi interessa ricevere libri pubblicati con il vostro contributo.

Questo vale anche per tutti i libri che mi sono arrivati nel passato, con l’inclusione dei servizi Lulu o Ilmiolibro ecc… che le trovo molto affini. Ok invece per i libri lasciati in pubblica visione sui blog.

Basta con il business sull’editoria. Basta con i giochi sporchi.

Scusate, ma ne ho le palle piene di ‘ste cose e di chi tenta maldestramente di difenderle con frasi indecenti del tipo: è un punto di partenza! Pirandello pubblico così! Me lo ha detto il mio pesce rosso!

Arrivederci.

Giovani scrittori emergenti

Leggevo un articolo su Panorama: Giovani Scrittori Emergenti.

Interessante, perché pone l’accento sul tema: la letteratura per giovani scritta da giovani (più o meno) è solo quella di Moccia?

Ovviamente no. E non abbiamo scoperto l’acqua calda. Innanzi tutto, dei tre autori che ci presenta, solo uno è giovane. 25 anni, appunto. Gli altri non direi proprio. A meno che per scrivere un libro non sia necessario esordire a 60 anni.

Per il resto, il mercato editoriale a tema adolescenti non impone solo storie alla Moccia. Premetto che non ho letto alcun suo libro, ma ho visto mezz’ora di un film da lui diretto e mi è bastato.

Ma, continuo a ripetere, non ci vedo nulla di male. Esiste una bella fetta di pseudo lettori che sono totalmente allergici al libro e sono disposti solo a intrattenersi con romanzi leggeri e semplici. Esistono invece quelli che desiderano trovare emozioni profonde in un libro, magari anche riferimenti alla letteratura classica. E poi ci sono quelli che desiderano solo un buon libro, punto. Senza troppe complicazioni.

Nell’articolo si cita Giordano. L’ho letto, e credo che sia un buon libro. Ma siamo sinceri, se non fosse stato pubblicato dalla Mondadori nessuno si sarebbe accorto di Giordano. Tantomeno il Premio Strega.

Per il discorso età degli scrittori, ribadisco il solito concetto. Una volta sentii dire da un editor che un libro per adolescenti funziona di più se è stato scritto da un coetaneo che parla la lingua dei giovani. Una boiata tremenda. Una bestemmia. Basta vedere quali libri hanno segnato la letteratura mondiale per adolescenti. Nessuno scrittore teen ager. Anche ultimamente, anche se pensiamo ai commerciabilissimi libri della Meyer e Rowling, non mi pare che siano proprio ragazzine. Eccezion fatta per Paolini. Ma l’eccezione c’è sempre.

In Italia, almeno lato fantasy, il baby boom è stata una bolla di sapone.

Insomma, la letteratura italiana mainstream o di genere continua a essere in fermento. Restiamo con le orecchie alzate.

Quando la De Mari dice NO

L’altro giorno, girovagando in rete grazie ai miei feed, sono venuto a conoscenza (in ritardo) della decisione di Silvana de Mari di non pubblicare più con la casa editrice Salani l’ultimo libro della sua saga L’ultima Profezia.

Molto interessante un suo intervento che vi invito a leggere con attenzione.

Il mio, molto semplicemente è uno sciopero, contro lo strapotere delle case editrici che dicono o qui si cambio come voglio io o il libro non si pubblica. Bene. Non si pubblica. L’editing deve essere una proposta,mai un’imposizione, gli editori devono imparare a fermarsi, a fare un passo indietro.

Premessa: stimo Silvana de Mari come autrice ma anche la Salani Editore. Ovviamente il commento è solo sull’opinione espressa da una delle due campane.

Ciò che dice Silvana è ovviamente corretto. Tra l’editor e l’autore deve sussistere sintonia e intesa, non deve essere un’imposizione.

Sono stato fortunato, forse. Con le case editrici con cui ho lavorato (Curcio, Asengard ed Edizioni Ambiente) il rapporto è stato positivo e proficuo. Spero che sia lo stesso per i prossimi due editori.

Mi è capitato qualche mese fa di proporre un mio testo a un editore. Questo editore, tuttavia, aveva una sua precisa linea editoriale, e mi ha chiesto cambiamenti *radicali* alla trama e al protagonista per adattarli alla sua collana. Ho gentilmente declinato l’offerta. Non è colpa mia, neppure sua. Essenzialmente quel libro non era adatto a loro.

Attenzione. Un autore deve essere sempre disposto a rivedere il testo, concordare i miglioramenti che possono essere di stile, struttura, ritmo e quant’altro. Anche rivedere dei capitoli, affinché magari la scena sia più incisiva o i personaggi più tridimensionali. I consigli di un buon editor vanno sempre ascoltati. Metabolizzati e capiti.

Quando però si chiede che il libro assuma un colore diverso perché il marketing o la collana lo richiede, allora mi fermo. Perché quel libro non è adatto. Non è questione di orgoglio o arroganza. Lungi da me. E’ solo questione di obiettivi ed espressione artistica.

Forse un giorno scriverò una storia che sarà perfettamente… compatibile con quelle richieste. Oppure anche no.

Per inciso: scrivere non era minimamente faticoso. Ogni tanto dovevo interrompermi per l’eccitazione.

Verità sacra. Tanto di cappello.

Sono state tagliate dieci righe che erano le mie idee religiose, trovate ridicole dal mio laico editor. Porca miseria è il mio libro. Siete così intelligenti e così bravi: scriveteveli da soli. A questo punto sono arrivata alla paralisi. Non me ne fregava più niente, volevo sono non sentirne più parlare.

Non credo occorrano commenti. Un autore esprime se stesso in un libro. Un romanzo fantastico non è un libro game. Specialmente nei casi dei libri della De Mari, tutti sappiamo come siano densi di significati e metafore, che sottendono il pensiero dell’autrice.

Ho quasi sessanta anni e sono messa piuttosto bene a quattrini. Posso permettermi di non fare le cose che detesto e oramai detestavo essere l’autore di questi libri. Volevo solo liberamene, concludere, non averli più sul computer, non avere più Rankstrail in memoria sul glossario. Questa gente non era più viva, erano solo macchie di inchiostro su delle pagine.

Che io leggo come la morte dell’estro e della vena artistica. Purtroppo.

Ripeto, sono osservazioni nate da un post di Silvana De Mari, che spiega il perché della sua decisione di chiudere con Salani, pagare una salatissima penale, e concludere online il suo libro.

Una scelta coraggiosa, che Silvana sintetizza in questi termini:

Porca miseria. Mi è costato 10000 euro, ma valeva la pena. Certo che valeva la pena. E in più molte persone stanno leggendo il blog e sto conbattendo per le mie idee. Potete accusarmi di tutto, ma non di incoerenza.

Parole che ammiro. Perché sappiamo quanto sia difficile pubblicare in Italia e quanti esordienti sarebbero disposti a tutto pur di raggiungere questo traguardo. Traguardo che Silvana si è conquistato con fatica, successo confermato dai suoi tanti lettori in Italia e all’estero.

Ma, sopratutto, Silvana ha deciso di voler essere una vera scrittrice, esprimere i suoi pensieri al di fuori delle logiche di mercato ed editoriali.

Scelta giusta, scelta sbagliata? Non spetta a noi giudicarlo. Non spetta a noi criticare la Salani, non sarebbe neppure giusto dato che non sappiamo il suo punto di vista. Forse le modifiche richieste da Salani non erano così intrusive, forse Silvana potrebbe essere stata troppo “attaccata” al suo testo? Ipotesi plausibili, che tuttavia non mi interessano.

Alla fine poco importa. Apprezzo sempre l’onestà intellettuale di chi vuole difendere il proprio libero pensiero.

Una lezione valida per tutti. Esordienti e scrittori attempati.

Quello che sto scrivendo…

E’ un libro fantastico, che parla di razzismo. In ogni sua forma.

Perché sono stanco di leggere questi articoli. Ma proprio stanco.

ROMA – Il razzismo è un fenomeno tutt’altro che sradicato tra i giovani: quasi la metà dichiara verso gli stranieri atteggiamenti di chiusura, che per un 20% sfociano in vera e propria xenofobia, mentre l’asticella di quanti manifestano apertura si ferma al 40%. E’ quanto emerge dall’indagine ‘Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti’. Presentato oggi alla Camera, lo studio è promosso dalla Conferenza delle Assemblee delle Regioni nell’ambito delle iniziative dell’Osservatorio della Camera sui fenomeni di xenofobia e razzismo ed è stato realizzato da Swg su 2.000 giovani.

Si ricomincia

Come avrete notato, la frequenza dei post si è un po’ diminuita ultimamente. Il motivo già lo sapete: ho riniziato a scrivere e il tempo non c’è. Prima il setup, poi il plot, quindi la pianificazione.

Infine, la prima pietra. Detta anche prologo.

Un nuovo inizio, dunque, un libro molto particolare. Per adesso non vi anticipo nulla, è molto presto. Chissà,  forse potrebbe vedere la luce anche quest’anno.

Nel frattempo, mi ritiro a scrivere.